Ancora lingue antiche… o siete stanchi?

Mag 22

Ancora lingue antiche… o siete stanchi?

Lo so, due settimane fa i manoscritti in lingua sarda, oggi quelli in lingua volgare italiana: potreste essere stufi di certi argomenti…

Ma mi pareva di aver preso un bell’avvio, non potevo lasciarlo così. E poi mi sono tornate in mente le letture di due tra i più grandi studiosi italiani, cui non sarò mai abbastanza debitrice, Armando Petrucci e Attilio Bartoli Langeli.

La loro intelligenza e superiorità – lo sguardo ampio, l’intuizione geniale, la capacità di approfondirla e poi trasmetterla – nel saper indagare il più banale dei documenti ha illuminato la strada a moltissimi studenti, studiosi e curiosi. Alla fine del post troverete i titoli di un paio dei loro libri, e intanto vi racconto uno tra i tanti argomenti che ho imparato seguendo le loro ricerche: la scrittura della lingua volgare italiana.

Che sia detta ‘volgare’ perché parlata (e scritta) dal volgo, dal popolo, ormai è noto. Quello che non tutti sanno è che ci sono molti modi per parlare e per scrivere il volgare (come accade ancora oggi) e non solo perché tante sono le regioni e le tradizioni linguistiche, ma anche perché diverse erano le conoscenze e le abitudini, gli usi e le necessità di coloro che dovevano applicarsi in questa attività, così impegnativa.

Siamo tra il XIII e il XIV secolo. La questione era complessa: si trattava di scrivere con un alfabeto che fino ad allora era stato usato per scrivere in un’altra lingua, il latino, senza punti di riferimento e senza esempi. In poche parole, bisognava scrivere ascoltandosi parlare, e leggere facendo l’operazione inversa: e non è detto che il risultato portasse alla medesima conclusione…

Di certo l’uso del volgare permetteva a molte più persone di avvicinarsi al mondo scritto. Sono notevoli le testimonianze di coloro che ne sentirono un tale bisogno da avventurarsi ugualmente in una realtà piena di insidie. Eppure in tanti vollero imparare.

Alcuni si specializzarono in poche frasi o anche nel solo nome, da mettere in calce a carte e moduli. Altri scrissero senza alcun criterio di ortografia e di sintassi, evitando accuratamente apostrofi e accenti, per non parlare della punteggiatura, e con terribili difficoltà nel decidere la fine di una parola e l’inizio di un’altra, ciò che mentre parliamo non necessariamente avvertiamo.

«Io ti priecho chetutorni tosto ionono achora fachto il filgiolo» scrisse Maddalena Strozzi al marito Neri di Donato Acciaiuoli, esule da Firenze, informandolo della sua gravidanza e pregandolo di tornare in fretta.

Giovanni Ghezzo, un contadino toscano che non era mai stato a scuola, volle scrivere per comunicare con il suo principale. La sua lettera così s’avvia: «avanni. Gheço uisi rachomada. Ebib una letara laqualemadaste iosoe» (a Vanni. Ghezzo vi si raccomanda. Ebbi una lettera la quale mandaste, io so e…).

C’era chi sapeva leggere e scrivere, chi sapeva solo leggere o solo scrivere, chi era in grado di scrivere solo alcune parole o frasi, o aveva memorizzato le lettere del proprio nome per firmare.

Le conoscenze erano perlopiù funzionali all’attività lavorativa. Di certo la maggior parte dei ‘semicolti’, così si definiscono coloro che non avevano avuto una sufficiente istruzione, sapevano scrivere meglio di quanto sapessero leggere, e soprattutto sapevano fare di conto.

L’insegnamento della scrittura si basava soprattutto sull’imitazione e quindi si può quasi dire che chiunque avesse un minimo di conoscenza potesse trasmetterne le basi. Giovanni Antonio da Faie, toscano della Lunigiana, si ingegnava a imparare a scrivere facendosi mostrare le lettere dagli studenti che lavoravano nella sua bottega «tanto che imparò l’abe e cognose le letere molto bene». L’abe in effetti sarebbe l’abc (e notate che parla di sé in terza persona).

Mai come tra il XIV e il XV secolo si trovavano così tante tipologie di scritture diverse: c’erano scritture per i libri e quelle per i documenti; quelle per libri in latino e quelle per il volgare; scritture per questioni personali e per note pubbliche.

Di certo la consapevolezza dell’importanza di saper scrivere era piuttosto forte perché come scrisse Michelangelo da Volterra nel 1450, chi non sa scrivere e leggere «è in questo mondo come un’immagine di marmo, et può dire di non ci essere».

E se Michelangelo è un uomo colto e forse più consapevole, ci sono testimonianze anche di altro genere che ci permettono di cogliere tale consapevolezza: all’inizio del Seicento, nel Rione Campitelli di Roma, un quartiere popolare, i genitori scrivono al papa Paolo V perché conceda loro di avere un maestro nel quartiere: «Francesco Santini et in Fra scriti espongono con ogni venerenza alla S.ta sua, come sono quatro anni in circa, che nel Rione di Campitelli non c’è Maestro di scola, et molte povere vedove, et alte miserabile persone non hanno dove mandare i lor figloli, se nò nelle Scuole pie in San pantaleo con grandisima scomodità et di lungo viago, e che sono maluestiti…»

Possiamo vivere senza saper leggere e scrivere, perfino ora, in questo mondo tutto scritto, ma non potremo partecipare, conoscere (e dunque crescere), comunicare davvero, fino in fondo, quello che desideriamo e quello che siamo. Saremmo come delle statue di marmo e potremmo dire di non esistere.

 

**Per cominciare a conoscere Bartoli e Petrucci, suggerirei questi due volumi, all’interno dei quali troverete moltissimi riferimenti bibliografici:

Attilio Bartoli Langeli, La scrittura dell’italiano, Bologna, Il Mulino, 2000 (L’identità italiana, 19)

Armando Petrucci, Prima lezione di paleografia, Bari-Roma, Laterza, 2007

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Professionalità e passione, in biblioteca. Intervista con Milena Bassoli

Mag 15

Professionalità e passione, in biblioteca. Intervista con Milena Bassoli

Vi presento Milena Bassoli

Milena lavora nella sezione di Conservazione della Biblioteca comunale di Trento. Di sé dice «Il mio amore per i libri e per la lettura è nato quando sono nata, lo so. I libri mi hanno sempre affascinata: ho conservato fotografie in cui facevo finta di leggere, quando tu (cioè io, ndr) non c’eri ancora!”milli

Come sei arrivata alla sezione Conservazione della biblioteca?

Dopo il liceo me ne sono andata dalla mia città, Bolzano e ho iniziato l’università a Firenze, soprattutto attratta dalle suggestioni evocate dalle letture di Lanfranco Caretti, docente di filologia e critica letteraria in quella università, cui mi aveva indirizzato la mia professoressa di italiano, Annalisa Gallegati, una delle donne importanti della mia vita. Purtroppo, per motivi familiari, dopo qualche anno dovetti tornare e terminai gli studi all’Università di Trento…

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Curiosando tra le antiche lingue d’Italia

Mag 08

Curiosando tra le antiche lingue d’Italia

Oggi vi racconto dei contaghi.

E che saranno mai, mi chiederete? Ah, uno degli argomenti più affascinanti in cui mi sia imbattuta, vi rispondo io.

Ero lì che studiavo per preparare uno dei prossimi incontri del corso Sopra le righe, e ho pensato di parlare di questo tema che da tempo mi incuriosisce e che purtroppo, per vari motivi, non sono mai riuscita a studiare.

Però posso raccontarvi ciò che nel frattempo ho imparato e che in parte ho anche portato, ormai anni fa, al Festival della letteratura di Gavoi per un bel laboratorio con i bambini i quali, ricordo, si dimostrarono molto consapevoli e orgogliosi del primato della loro cultura.

Con il termine Condaghe (plur. Condaghes o Condakes) si indica il bastoncino intorno al quale si arrotolava la pergamena che conteneva un atto di natura giuridica. In seguito andò a indicare l’atto stesso . In origine i documenti venivano sovrapposti e cuciti uno all’altro intorno al bastone; in epoca medievale, dimenticato il bastoncino, si trasformarono in libri. È una specie tra tante di “documenti in libro” o “su libro”. I Condaghi in forma di libro sembrano essere diffusi sin dai secoli X e XI presso i monasteri della Sardegna. Condaghe (1)

Questo perché solo i monasteri, in quell’epoca, gestivano così tanti documenti da sentire il bisogno di raccoglierli. In questi registri patrimoniali venivano ordinatamente annotati dagli abati, priori o monaci varie tipologie di atti: inventari, donazioni, contratti di acquisto (comporus) e vendita, permute (tramutus), smerci, cessioni di terre e di servi, definizioni di confine (postura de tremens), transazioni (campanias), sentenze giudiziarie relative alla proprietà.

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I giovani professionisti. Intervista con la campagna ‘Mi riconosci?’

Mag 01

I giovani professionisti. Intervista con la campagna ‘Mi riconosci?’

Vi presento la campagna ‘Mi riconosci? Sono un professionista dei beni culturali’

Nel novembre 2015 si forma ufficialmente la campagna Mi riconosci?, in seguito a un lento lavoro di riflessione e poi di condivisione nato sulla legge Madia sui beni culturali. Nel corso della sua attività, la campagna ha dimostrato di avere grande capacità di catalizzare l’attenzione degli studenti, degli operatori del settori e dei politici, grazie alla concretezza delle loro proposte e alle loro modalità d’azione.

Risponderà alle domande Leonardo Bison, archeologo e attivista della campagna.

 

Com’è nata la campagna Mi riconosci?miriconosci_logo

Il nostro gruppo avvia i primi passi, anzi le prime discussioni, in seguito alla promulgazione della legge 110/2014, la cosiddetta legge Madia sui beni culturali, dedicata in particolare al riconoscimento di alcune professioni dei beni culturali. Una legge che avrebbe dovuto essere attuata entro il marzo 2015 e che non ha ancora promosso, a tutt’oggi, azioni di alcun genere.  Alcuni rappresentanti degli studenti di Link-Coordinamento Universitario (la parte universitaria della Rete della Conoscenza, il network dei soggetti in formazione) iniziarono fin da subito a interessarsi alle criticità legate all’accesso alle professioni e ai percorsi post-laurea e in particolare nelle università di Padova, Lecce, Pisa, nacquero dei gruppi di discussione… Con fatica, Link-Coordinamento Universitario, su sollecitazione di questi gruppi, ha avviato i contatti per formare un vero e proprio ‘Gruppo nazionale beni culturali’, che progettasse una campagna che poi si è trasformata in “Mi Riconosci?”: abbiamo iniziato a lavorare ufficialmente insieme nel marzo 2015 e la campagna è stata lanciata a novembre.

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Sopra le righe. Per una storia del libro dal Medioevo ai giorni nostri

Apr 29

Sopra le righe. Per una storia del libro dal Medioevo ai giorni nostri

Siamo agli ultimi giorni per l’iscrizione al corso dedicato agli adulti, ‘Sopra le righe’ che si svolgerà tra il Museo diocesano, l’Archivio diocesano e la Biblioteca diocesana di Trento, dal 2 maggio al 6 giugno.

Ecco la presentazione che ho scritto sul portale di Trentinocultura. Accorrete numerosi!

 

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La poesia di Mariangela Gualtieri

Apr 24

La poesia di Mariangela Gualtieri

“Una nuvola d’aprile

passa nel cielo

lenta e un po’ sfilacciata

tutta sola nell’aria celeste

tutta bianca e slargata

e passando sfinisce svanisce

diventa dapprima un ciuffetto

poi appena un velame

poi più niente di niente

abdica

obbediente

al reame dell’aria

chiara“.

Io le poesie le leggo, e solo le so piangere e sorridere, sempre presenti in ognuna delle mie lotte quotidiane. Ecco, oggi mi ha preso il desiderio di raccontarvi che un po’ di gioco e di piacere e di conforto possiamo riceverne dalla poesia di Mariangela Gualtieri, scoperta qualche tempo fa grazie a un’amica cara.

Sapete già che recensioni non sono capace di farne, ma posso raccontarvi qualcosa della bellezza di queste canzoni senza musica, da suggerire a un amico come si consiglia un sollievo per alleggerire una  sofferenza, ma anche per esaltare una voglia di vivere che solletica le emozioni grazie a una armonia di parole e a una forza di passioni che vengono dal cuore, e dalla testa, ma anche dall’intero nostro corpo e dalla natura che abbiamo intorno e dentro.

“Eccomi. Sole celebrante

Sprigiona l’intero mattino.

Polveri d’amore eseguono orme

E una pista conduce fino sotto il cuore. Parole.

Staremo nell’ascolto pellegrino

All’incrocio fra stelle e olle

Dove l’innafferabile stormisce

E guizza altrove.

Saremo completi d’una salute potenziale con un ridere che partecipa tutta la stagione in giusto canto.

Venite.

Potenze del mattino, riconosciute per sottigliezza.

Ah! Come mi abbandona ora

L’umana solfa e tutto viene manifesto in splendore.

Questo stare appesi ad un respiro corale

Dove anche il rospo concorre a questa luce.

Si frappone fra la mano e ciò

Che la conduce un piano obliquo di dolcezze,

Un nascere delle cose al giorno e tutte spogliate

Le vecchie forme sono ricreate.

Buon giorno a voi che non vediamo.

Ciò che non vediamo

Preme. Preme e viene

Viene e sappiamo ciò che l’animale

Conosce e non rivela.

Restiamo ancora

Un poco.”

Leggetele ad alta voce, da soli o a qualcuno, sentite tra le labbra la concretezza, in bocca anche il sapore coraggioso e  audace delle parole che state mangiando e godetene, godetene più che potete.

“Tanto d’amore viene

E sostiene. Niente che resti

Non amato”.

 

“Combatte sempre con le maliconie

Mette pietre ovunque, le porta con sé.

Allora dategli petali. Altre cose leggere.

Anche se non sa il nome. Salvatelo.”

 

“Meraviglia dello stare bene

Quando le formiche mentali

Non partoriscono altre formiche

E si sta leggeri come capre sulla rupe

Della gioia.”

 

Mariangela Gualtieri, Le giovani parole, Torino, Einaudi, 2015 (Collezione di poesia, 432)

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Una biblioteca può salvare un quartiere. Intervista con Donatella Natoli – 2

Apr 17

Una biblioteca può salvare un quartiere. Intervista con Donatella Natoli – 2

Vi presento Donatella Natoli

A dire il vero, Donatella ve l’ho già presentata nel post del 3 aprile, come una delle fondatrici e delle animatrici della Biblioteca dei bambini e dei ragazzi Le Balate , che potrete trovare nel quartiere dell’Albergheria, a Palermo, vicino al mercato Ballarò.

Oggi pubblicherò la parte dell’intervista dedicata alle attività della Biblioteca, prezioso gioiello della generosità e della professionalità di Donatella e di tutti coloro che lavorano con lei.

 

LA BIBLIOTECA DE LE BALATE

le-balate-internoCome e perché si è costituita la biblioteca delle Balate?

Ho continuato a lavorare sul territorio, ancora in Ospedale. Con compagne e compagni di strada abbiamo sviluppato progetti con ragazzi con grave disagio, con donne emarginate, con mamme e bambini piccoli. Ancora adesso con tante compagne di allora ci siamo ritrovate e lavoriamo insieme in uno spazio bello, una chiesa della fine del 1700 trasformata in una biblioteca dei bambini e dei ragazzi, dove speriamo che possano sviluppare il loro pensiero e ritrovare una dimensione di armonia per la loro vita immediata, spesso stravolta, e per quella di donne e uomini adulti.

Uno stimolo molto importante alla nascita della Biblioteca è stato dato dalla introduzione in Italia del progetto “Nati per Leggere”. A Palermo, per iniziativa di due pediatri di base, Salvo Fedele e M. Grazia Lunetta, nel 1999 è stato organizzato un corso di formazione per pediatri ed operatori di base che volessero praticare la lettura ad alta voce come prevenzione dei disagi e per la promozione dello sviluppo di numerose capacità, rivolta ai bambini in età prescolare. Questo stimolo ha accelerato lo sbocco naturale di quel lungo lavoro sul territorio all’interno del Distretto socio-sanitario sperimentale.

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