E lasciatemi divertire, in archivio. Intervista con Rina Stracuzzi

Mag 29

E lasciatemi divertire, in archivio. Intervista con Rina Stracuzzi

Vi presento Rina Stracuzzi

“Mi piacerebbe dire che la mia passione per gli archivi sia nata già dalla prima infanzia, come un segno del destino. Per quanto romantico, non è assolutamente vero: fino a 23 anni non avevo mai messo piede in un archivio, né ero ben consapevole di che cosa fosse“. Dipendente della Soprintendenza ai beni culturali di Messina, Rina ci racconta la sua più che ventennale esperienza in archivio.

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Dopo la laurea in scienze politiche, conseguita parecchio tempo fa, in attesa di capire che uso potessi farne, fui inserita in un progetto di lavoro dell’università, preparatorio di un convegno. Entrai per la prima volta all’archivio di stato di Messina e ci rimasi per più di un anno. E mi pagarono pure! (incredibile! Ndr)

A distanza di anni sono sempre più convinta che solo chi non ha mai avuto l’opportunità di entrare in un archivio possa dire che sia solo un posto pieno di polvere e muffa (come è stato sempre detto a me: ma come fai a divertirti in questi posti?!) Capisco che non tutti possono condividere questo “divertimento”, ma non saprei come descrivere questo piacere di lavorare in silenzio e fare i conti con montagne di carte che parlano. Qualcuno la chiama perversione…

Che vuol dire ‘fare i conti’? Descrivi con qualche dettaglio, magari con un esempio pratico, in che consiste il tuo ‘piacere’.

Il primo fra tutti i “miei” piaceri è trovare tra i documenti qualcosa che mi riporti al Medioevo. Non è facile a Messina perchè sugli archivi della città è passato di tutto: terremoti in ogni secolo, sequestro di archivi, e per finire le bombe intelligenti americane nel 1943. Sai la memoria resiste…ma quasi mai al fuoco. Dunque quando miracolosamente tra registri e “cartacce” affiora una scrittura inequivocabilmente anteriore al ‘500 ho quasi le palpitazioni. Un po’ meno quando trovo copie posteriori, che comunque hanno un loro perché. Ultimamente ho cominciato ad apprezzare anche il ‘500 che quantitativamente parlando ha lasciato più tracce. Scherzo ovviamente. È vero comunque che gli archivi della città sono tutti di età moderna.

L’altro piacere è puramente archivistico: una sfida tra me e le carte per riuscire a ricostruire la struttura storica e quindi anche la storia di chi ha prodotto l’archivio. Un vero e proprio “interrogatorio” all’ultima lampada…di Wood ovviamente. Alla fine di tutto il lavoro hai un’intima soddisfazione perchè sai che renderai la lettura, lo studio o anche la ‘semplice’ ricerca di informazioni più agevole. Io faccio parte di quella minoranza di “studiosi” che non ha paura a condividere lo studio. Trovo meno emozionante quando l’archivio è già ordinato e devi solo rilevare i dati di catalogo. Là, però, ti puoi immergere con tranquillità nella lettura di donne, uomini, case, strade, alberi, litigi, ma anche di noiosi accadimenti della vita quotidiana. Si è capito che amo le storie? Mi piacerebbe poter condividere letture a voce alta di documenti di archivio! Un’altra delle mie perversioni archivistico-paleografiche sono i testamenti (sempre medievali): quando ne trovo qualcuno non posso fare a meno di trascriverlo, soprattutto se le testatrici sono donne.

E come sei arrivata alla Soprintendenza?rina4

Alla fine di quel mio primo lavoro decisi di iscrivermi alla Scuola di archivistica, paleografia e diplomatica dell’Archivio di Stato di Palermo, e contemporaneamente, su segnalazione del personale dell’Archivio di Stato, partecipai alla selezione di personale per un progetto che il Ministero dei Beni Culturali aveva appaltato a privati per la catalogazione delle serie notarili, di cui ormai ero diventata fine estimatrice e goditrice: il progetto in questione rientrava in quel calderone tristemente noto col nome di “Giacimenti culturali” che, partorito nel 1986 dal ministro De Michelis, prevedeva una massiccia campagna di catalogazione informatica su tutto il territorio nazionale di ogni tipologia di bene culturale (ndr tra i tanti articoli su questa iniziativa si vedano questo e questo). Ovviamente scelsi i beni archivistici. Fui selezionata, e qui cominciò una lunga odissea di contratti a tempo determinato, prima statali (sono stata anche metalmeccanica!) e poi della Regione Sicilia, che notoriamente non ha idea di che cosa siano gli archivi, non essendo nelle competenze specifiche dei beni culturali della Regione.

Tuttavia in virtù di un accordo tra Cei e Regione, si aprirono (non sempre) gli archivi ecclesiastici del territorio, ed il personale che aveva già lavorato per i giacimenti culturali, più altro segnalato dalla Regione per ‘imprescindibili virtù lavorative’, fu impiegato in attività di catalogazione dei beni archivistici ecclesiastici, prima con contratti a scadenza e poi a tempo indeterminato, tramite l’inserimento in società mista con prevalente capitale pubblico.

E adesso, con quali mansioni lavori?

Non siamo mai passati nei ruoli regionali, ma lavoriamo per la Regione, presso le Sovrintendenze per i Beni Culturali. Io sono in quella di Messina. In questo momento lavoro su due archivi: in uno di questi, l’Archivio storico della curia Archimandritale, avevo già lavorato parecchi anni fa con i miei colleghi archivisti. Essendo un archivio chiuso pensavamo di aver concluso il lavoro di catalogazione, ordinamento e inventariazione. Poi invece, a distanza di anni saltò fuori altra  documentazione confusa tra le carte di un altro archivio e quindi ho ripreso il lavoro fatto e ora sto cercando di ricostruire il tutto. L’altro invece, l’Archivio storico del Capitolo della Cattedrale, mi impegna già da 4 anni. Era oltremodo disordinato con un inventario lodevole nelle intenzioni, ma carente dal punto di vista archivistico, redatto negli anni ’80 da due uomini di buonissima volontà ma non archivisti.

È il problema che ancora adesso c’è nel continuare ad affidare lavori particolari alle professionalità sbagliate….

Adesso sta prendendo forma ma le perdite sono state veramente ingenti, dovute soprattutto ai riordini continui che sono stati compiuti nei secoli dagli incaricati archivisti di turno che hanno smembrato volumi e volumi di scritture per ricomporre fascicoli secondo le esigenze del momento, buttando ciò che non serviva più. Il concetto di archivio storico è duro da mandare giù. Per finire, contemporaneamente, sto catalogando un piccolo fondo pergamenaceo che si trova nella biblioteca del Seminario.

rina2Sembra tutto bellissimo e lo è fino ad un certo punto. Tralascio qualunque giudizio sulla qualità del lavoro svolto in più di 20 anni di catalogazione perchè non ne usciremmo più, ma non posso tacere sul vergognoso uso, anzi non uso, di tutto questo impegno lavorativo. Mi vergogno anche a dirlo, ma lavoro ancora su schede di carta che non so che fine faranno fra qualche anno. E quelle prodotte negli ultimi 20 anni si sono salvate perchè noi abbiamo avuto cura di conservarle. Sono stati spesi dalla Regione miliardi e miliardi per finanziare una nota società informatica perchè sviluppasse un software in grado di informatizzare le schede di catalogo e dialogasse per la consultazione condivisa, che ha funzionato per sei mesi. Poi tutta l’operazione è stata smantellata, ma non ho idea per quale motivo, forse perchè andati via i tecnici della nota società nessuno fu in grado di fare manutenzione al programma o forse per pigrizia mentale. Sono tanti i misteri della Regione Sicilia!

Certo una sensazione sempre presente, ma che all’inizio era veramente forte, era questo senso di solitudine e di impossibilità di confronto. Anche le scelte di continuare a voler essere un “Regnum” autonomo senza mai confrontarsi con la catalogazione nazionale, mi ha spesso causato una certa depressione lavorativa perchè lo splendido isolamento non è la strada giusta. Poi ho scoperto l’Anai (Associazione nazionale archivistica italiana). Non dico che mi abbia cambiato la vita, non sono romantica fino a questo punto, però ha contribuito a non farmi sentire sola, archivisticamente parlando. Mi piacerebbe impegnarmi molto di più soprattutto per far conoscere ai non addetti ai lavori cosa sia un archivio e perchè sia importante la conservazione e la tutela della memoria a prescindere dal ritorno economico di un bene culturale che non produce alcun reddito. In questo caso con i beni culturali non si mangia, se ti limiti a pensare al caviale e lo champagne. Però è un’ottima cura contro l’Alzheimer collettivo!

Nonostante questo disastro, tu in archivio ti diverti…

Solo l’amore per gli archivi e l’idea che il mio lavoro di catalogazione e ordinamento possa aiutare studenti e studiosi, e non solo, mi fa continuare serenamente tutte le mattine a non pensare allo schifo dietro le spalle. Ovviamente continuo a divertirmi in archivio, quel divertimento un pò perverso di cui si parlava…, per cui ai brividi di freddo sempre presenti in archivio, si aggiungono quei brividini di piacere che si provano quando entri dentro un volume o un singolo documento e cerchi di carpirne il segreto anche solo per individuare in quale serie archivistica (ndr: ciascun raggruppamento di documenti con caratteristiche omogenee, all’interno di un fondo archivistico) devi collocarlo.

Sono anche stata utilizzatrice finale degli archivi: infatti qualche anno dopo gli inizi incerti del mio iter lavorativo, già sposata e con una figlia piccola, ma ancora con qualche energia, mi iscrissi nuovamente all’Università, lettere moderne, e cominciai a coltivare la mia nuova passione per la storia medievale, sempre nei limiti consentiti dal corso universitario non particolarmente ricco in quel senso. Feci un’appassionante, per me, tesi di laurea sullo studio dell’archivio storico di un soppresso monastero cistercense femminile, S. Maria dell’Alto, di cui oggi resta solo un santuario, detto di Montalto, soffermandomi particolarmente sul fondo pergamenaceo, interamente collocabile in età medievale. Non contenta, qualche anno dopo, dopo aver conseguito la seconda laurea e aver avuto la seconda figlia, ho vinto il dottorato di ricerca in storia medievale e per tre anni ho potuto apprezzare a piene mani e polmoni il piacere di fare ricerca d’archivio e di dare una  personale interpretazione a ciò che le carte dicono. Ed ora eccomi qua, con la gatta che mi guarda dall’alto dello schermo del computer, a chiedermi se mi sarebbe piaciuto fare qualcos’altro nella vita. Non so. Molte mie curiosità sono rimaste inevase, ma non penso che si debba proprio assecondare tutto. Certo, penso che, nonostante le innumerevoli, e non ancora del tutto risolte, traversie lavorative di ogni tipo, io mi sento una privilegiata, e questo lavoro mi ha insegnato molto: c’è un ordine necessario e c’è anche uno scarto necessario, poi c’è la vita.

 

 rina3La bibliografia di Rina

L’archivio storico del Santuario di Montalto di Messina, in Guida al Patrimonio librario antico delle biblioteche pubbliche e agli archivi storici ecclesiastici nella provincia di Messina, a cura di A.M. SGRO’, Soprintendenza beni culturali ed ambientali. Sezione Beni bibliografici. Messina, 1998, 269-274.

Mastro Antonino Pilli, pittore messinese a San Fratello, in “Paleokastro”, anno III, numero 12, ottobre-dicembre 2003 .

STRACUZZI, Il tabulario di S. Maria dell’Alto di Messina (1245-1718), “Archivio Storico Messinese”, 89-90, 2008-2009.

Le pergamene della Biblioteca Provinciale dei Cappuccini di Messina, inScritture e libri della Sicilia Cappuccina, a cura di Giuseppe Lipari, Università degli studi di Messina. Centro interdipartimentale di studi umanistici, Messina 2009, 263-298.

Il testamento di Rainaldo Spatafora, in Scritture e libri della Sicilia Cappuccina, a cura di Giuseppe Lipari, Università degli studi di Messina. Centro interdipartimentale di studi umanistici, Messina 2009, 263-298.

Il tabulario di S. Maria dell’Alto di Messina (1245-1718),Società Messinese di Storia Patria, Messina 2008-2009.

C. PUGLISI, R. STRACUZZI,I manoscritti della Biblioteca Provinciale dei Cappuccini di Messina, inFrancescanesimo e cultura nella provincia di Messina, a cura di C. Miceli e A. Passantino, Biblioteca Francescana, Officina di studi medievali Palermo, 2009, 273-283.

Carta e libri, cartai e librai. Viaggio negli archivi messinesi tra il XV ed il XVI secolo, in In nobili civitate Messanae. Contributi alla storia dell’editoria e della circolazione del libro antico in Sicilia, a cura di P. LIPARI, Messina 20013, pp. 15-56.

R. STRACUZZI, S. LANUZZA, Cultura barocca e collezionismo a Messina. L’inventario post mortem di Giovanni Antonino Minutoli, in U’ ben s’impingua, se non si vaneggia. Per P. Fiorenzo Fiore, a cura di P. LIPARI, Messina 2015, pp. 357-391.

Di prossima pubblicazione sull’Archivio Storico Messinese, rivista della società messinese di storia patria: R. STRACUZZI, Regesti delle pergamene della biblioteca Regionale Universitaria “G.Longo” di Messina, (1255-1763).

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Una biblioteca può salvare un quartiere. Intervista con Donatella Natoli – 1

Apr 03

Una biblioteca può salvare un quartiere. Intervista con Donatella Natoli – 1

Vi presento Donatella Natoli

La Biblioteca dei bambini e dei ragazzi Le Balate  è nel cuore del Centro Storico di Palermo, vicino al mercato Ballarò e  Donatella Natoli è tra i fondatori e gli animatori di questa straordinaria realtà.

Su di lei è stata scritta una voce nella Enciclopedia delle donne, a sottolineare il valore e l’impegno di una donna fuori dal comune. 

L’intervista a Donatella è infine risultata assai lunga per gli standard di un blog, ma poiché trovo tutto ciò che mi è stato raccontato assolutamente fondamentale per capire la donna, il suo impegno, le sue passioni e anche l’importanza vitale del progetto, ho deciso di pubblicarlo in due parti.

La prima, che leggerete oggi, sarà dedicata al lavoro fatto da Donatella e i suoi colleghi sul territorio prima della costituzione dell’Associazione Le Balate, nella seconda, che sarà pubblicata il 17 aprile, si parlerà delle attività della Biblioteca.

PRIMA DE ‘LE BALATE’

donatellanatoliDonatella,  sei un medico, che cosa ti ha fatto decidere di dedicarti a una biblioteca?

Sono medico per scelta. Nessuno della mia famiglia era medico prima di me. Ho lavorato 17 anni all’Università, 21 anni in Ospedale e dieci anni sul territorio, con periodi di sovrapposizione Ospedale-Università, ma anche Ospedale-territorio. Gli anni di lavoro universitario sono stati  abbastanza esaltanti, erano gli anni in cui era appena stata varata la riforma ospedaliera (1968) e si discuteva moltissimo per cercare di realizzare una riforma sanitaria che includesse il concetto e la pratica di prevenzione primaria e secondaria accanto a quello di diagnosi, cura e riabilitazione.

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Giocare con le parole a S. Cataldo

Ott 28

Di nuovo S. Cataldo?! Mi direte. Certo che sì! Dico io.

Se una relazione, un’amicizia, uno scambio prosegue anche dopo un ‘semplice’ incontro sulla storia della scrittura, non può che far bene al cuore e alla mente. Ed è anche la dimostrazione che parlare di storia e di scrittura muove emozioni e idee.

All’incontro di maggio con la maestra Ninfa Quattrocchi e le quarte elementari del 2° Circolo didattico di S. Cataldo (Caltanissetta) ci siamo divertiti tutti moltissimo, e così, dopo, maestra e bambini mi hanno chiesto di collaborare con loro a un progetto sulle parole…

Ed eccolo qua! Dopo un anno intero a lavorare su limerick e non-sense, i bambini delle quarte hanno inventato, composto, elaborato dei bellissimi giochi di parole che poi sono stati pubblicati in un libretto intitolato “Giocare con le parole”.

Con molto orgoglio ho partecipato anch’io con uno scrittino che loro hanno voluto mettere come presentazione. Per me, vi assicuro, è stato un onore, un grandissimo onore.

E poi, la verità è che adoro giocare con le parole, e con i loro suoni: è uno dei divertimenti più stuzzicanti per me. Giocare insieme a questi vivacissimi bambini e alla loro straordinaria maestra, mi ha dato un gusto ancora più grande.

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L’invenzione di Kuta a S. Cataldo

Mag 26

Mercoledì 23 maggio sono stata a S. Cataldo, nel cuore della Sicilia, in provincia di Caltanissetta. La maestra Ninfa mi ha accolto al mattino con alcune classi di quarta della scuola elementare del paese. Ninfa ha letto L’Invenzione di Kuta. La storia della scrittura e del libro manoscritto, che ho scritto insieme a Roberto Piumini (Carthusia, 2009) e ha voluto che raccontassi ai suoi bambini i modi e i segni che l’uomo ha sperimentato nel tempo per esprimersi e per comunicare.

Davanti a una esigente ma simpaticissima platea di bambinelli attenti, mi sono esibita nel racconto dell’uomo che cerca il materiale giusto per i suoi messaggi: argilla, papiro, pergamena ma anche pietre, sabbia, pelle del corpo, ossi, cortecce… I bambini hanno scoperto come ogni libro abbia una forma diversa a seconda dell’uso, del lettore o del testo: un libro a forma di cuore quale testo potrà mai contenere?

Il momento più interessante è sempre quello in cui racconto chi sapeva scrivere e come imparava a farlo. I bambini scoprono quanta fatica e determinazione ci fosse dietro molte scritture, specie quelle delle persone che appartenevano ai ceti popolari. Su certi documenti appaiono scritture a zampe di gallina e con moltissimi errori, alcuni li fanno ridere, ma poi tutti tornano seri quando sanno che quegli errori erano fatti da uomini e donne che pur di esserci, pur di partecipare imparavano solo a firmare, o a scrivere solo alcune frasi, utili per il loro lavoro, o a scrivere senza essere andati a scuola, ascoltandosi parlare. Scoprono che le donne venivano tenute lontane dalla cultura ma che in tante cercavano di imparare da sole.

I bambini di S. Cataldo mi hanno fatto moltissime domande: questo è un argomento che li ha decisamente incuriositi. A me piace quando accade così, perché aldilà delle storie che racconto, voglio che si rendano conto della ricchezza e dei talenti che posseggono. Loro che, come noi, vivono in un mondo scritto.

La maestra Ninfa e le sue colleghe sono molto preparate e piene di entusiasmo, nelle loro mani quei bambini cresceranno curiosi e pieni di voglia di capire. Il 23 maggio è stato l’anniversario dei vent’anni della strage di Capaci. Molti bambini mancavano all’incontro perché erano con il coro ad esercitarsi per il concerto in commemorazione. Noi non abbiamo esplicitamente ricordato Falcone, sua moglie e i suoi uomini, ma mi piace pensare che l’incontro abbia comunque contribuito a un progetto, che riguarda tutti, non solo i bambini di S. Cataldo e della Sicilia, di scambio e di crescita culturale che aiuti tutti i bambini e i ragazzi a crescere consapevoli di sè e delle proprie potenzialità, nonostante tutto.

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Da Pierino Porcospino ad Harry Potter (passando per Pinocchio)

Mag 25

Incontro a TrapaniI libri per ragazzi dall’invenzione della stampa a oggi.

Sabato 19 maggio sono stata a Trapani, nella Biblioteca “G.B. Amico”, e per la precisione nella sezione per bambini “Il piccolo Principe”. È una biblioteca molto accogliente, grazie ai sorrisi e alla bravura di Elena, Federica e Gaspare. Oltre che alla disponibilità del vicedirettore Domenico, e del direttore don Liborio.

Ho trascorso qui un’intera giornata.  Al mattino ho incontrato due gruppi di bambini, di quinta elementare e di prima media. Con loro ho parlato dell’invenzione della stampa e di come cambiano nel tempo i libri e soprattutto i libri per i bambini. Siamo partiti da salteri e babuini, dalle illustrazioni che rappresentavano maestri che frustavano i bambini e siamo arrivati a Pierino Porcospino e ai bravi bambini obbedienti delle novelle ottocentesche. Abbiamo tirato il fiato con Pinocchio ma ci siamo un po’ rattristati con Cuore. Poi sono arrivate le storie e le illustrazioni del Corriere dei Piccoli e con un salto pieno di entusiasmo siamo arrivati a Rodari e a Munari. Con loro sì che i libri erano adatti ai bambini: bei colori, materiali curiosi e storie coinvolgenti.

A un certo punto, ci siamo seduti per terra e ho mostrato loro un manoscritto e un libro a stampa del Seicento, conservati nella biblioteca del Seminario. Li abbiamo osservati e commentati, ritrovando sui libri ciò di cui avevamo parlato. I bambini erano davvero stupiti e ammirati. A guardare le forme, i materiali, le scritture come cambiavano nel tempo e a seconda degli usi e dei contenuti, siamo tornati ai libri moderni e così mi sono divertita a leggere alcune storie ad alta voce. Li ho fatti ridere con Tararì Tararerà, i libro di Emanuela Bussolati in lingua piripù, e intenerire con la storia di  Federico di Leo Lionni.

Il momento più bello è stato quando li ho salutati e molti di loro, invece di andar via, si sono fermati in biblioteca per guardare e sfogliare altri libri o per farmi altre domande. Obiettivo nr. 1: suscitare curiosità per i libri. Obiettivo raggiunto.

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