Sospesi nel cielo. Terza puntata

Mar 15

Sospesi nel cielo. Terza puntata

Prosegue la storia di Giulio costretto a partire dal Trentino in guerra, e ospitato a Milano, in casa di un amico insieme a suo figlio Ettore. Clara, sua moglie, è malata e non è potuta partire.

 

«Mamma! Mamma! Vieni qui per favore – chiamò Clara dalla sua stanza. La signora Alda arrivò di corsa, il grido l’aveva spaventata. Alda era una donna di cinquant’anni, capelli neri, sguardo vivace, rotondetta ma senza esagerare. Clara aveva ereditato da lei una pelle liscia come seta, una pelle che Giulio accarezzava in sogno.

«Clara, che succede?!».

«Mamma perdonami, non volevo spaventarti. È arrivato il postino? Non ho ancora avuto la lettera di Giulio».

«Cara, il postino è passato ma non ha lasciato niente da Giulio. Piuttosto ci ha dato una lettera di Francesco. Vuole sapere da noi dove sia sua moglie. Che sia fuggita in Italia anche lei?»

«Ma che dici, mamma, quella poveretta è in Boemia. Ti ricordi che cosa disse don Felice? Bisogna subito avvertire Francesco di scrivere al parroco»

«E va bene, è partita, e non poteva avvertirlo?»

«Ma forse l’ha fatto e Francesco non ha ricevuto il messaggio. Smetti di essere così aspra. Poteva toccare in sorte anche a noi di dover partire. Anzi, dovremmo proprio scrivere a don Felice per sentire come stanno e per sapere se hanno bisogno di qualcosa. Se stessi in piedi andrei io al Comitato».

«Figlia cocciuta! Ci vado io e poi scriverò al parroco»

«Ma sì, perdonami. È che è tutto così difficile. Questa nostalgia del mio bambino e di Giulio mi sta mangiando l’anima e forse è questo che non mi fa guarire. Dovrei partire lo stesso, sono sicura che con loro mi sentirò subito meglio».

«Tesoro caro, cerca di avere ancora pazienza. Il dottore ha detto che è ancora troppo rischioso. Dobbiamo aspettare ancora».

Alda non sapeva più come addolcire lo strazio e i malumori di sua figlia, e anche i suoi non era più capace di tenere a bada.

La paura di quella guerra le aveva fatto perdere il sonno e la notte la passava ad ascoltare i rumori, i ricordi, a immaginare la vita dei ragazzi al fronte, e a desiderare che tutto finisse. A volte sperava di poter morire. Tutto, pur di non vivere ancora quella angoscia.

Poi pensava alla sua famiglia, a Ettorino e schiarita la mente con la luce del mattino si dava della sciocca e si preparava per la lotta quotidiana.

Ma quell’angoscia stava facendo ammalare anche lei e in fondo forse affrettare i tempi della partenza per Milano poteva salvarle entrambe.

Decise di parlare col medico e anche col parroco, poiché sentiva di essere egoista con questo suo sentire e voleva confessarsi.

«Amore adorato,

se mia madre sapesse che mi rivolgo a te così, libera di esprimere il mio pensiero e il mio sentimento, arrossirebbe, poi griderebbe allo scandalo e chissà cos’altro. O forse no. Se mi sento di poter usare le parole che ho nel cuore e nell’anima, è perché in qualche modo anche lei me l’ha suggerito, me l’ha insegnato. I suoi libri, e di più la sua sincerità, la sua sensibilità…

E tu, amore mio, che cosa fai? Oggi aspettavo una tua lettera che non è arrivata e mi sento così sola senza poterti parlare che ho deciso di scriverti io, di nuovo.

Vorrei convincere la mamma a partire al più presto. Sento che solo con te, con voi, potrò riprendere le forze.

Abbiamo ricevuto la lettera di mio cugino Francesco che da * non riesce a contattare la famiglia. Scriveremo a don Felice di avvertire la moglie e di metterli in contatto. Anche per questo vorrei andare via. Ho paura che vengano i soldati e ci costringano a partire per il nord. La descrizione che il nostro parroco ha fatto di quei luoghi e della miseria in cui il nostro popolo sta soffrendo, a causa del suo stesso imperatore, è inimmaginabile.

Non so più nemmeno io se andar via dal Trentino e unirci agli italiani sia stata la scelta giusta. Vorrei che tutto finisse perché non ci saranno vincitori e vinti ma solo dolore, dolore e disperazione da ogni parte. Che cosa potremmo insegnare a Ettore? Che la guerra risolve i problemi? Che affermare una supremazia giova a qualcuno?

Lo so, non ho letto quel che tu hai letto, né ho ascoltato le discussioni con i tuoi amici. Parlo col cuore, e con gli occhi che guardano altri occhi senza più lacrime per la disperazione e la paura.

Dimmi come stai, ed Ettore? È riuscito a trovar pace? Ah, se gli stessi vicino sarebbe più facile. Giulio, non vedi che è l’unica soluzione? Fammi venire da te.

Ti amo alla follia, caro marito

tua, per sempre, Clara».

 

 

Fortunato Depero, Ballerina (1919-1920)

3 comments

  1. Elena Scrima /

    Gentile Adriana, questo racconto ‘a pezzi’ mi sta prendendo, è come se ogni domenica arrivasse una tessera per comporre un puzzle che non si sa quanto è grande… La lettera di Clara a Giulio è commovente… Naturalmente ho tanti interrogativi in sospeso. Perché Giulio non le ha risposto? Mi ero anche chiesta perché Giulio fosse partito con il bambino, ma poi l’ho capito nella seconda puntata. Allora accetto la suspence che si crea tra la pubblicazione di una parte e l’altra…, ma non si potrebbe rendere la suspence più adrenalinica? Più tessere!

    • Adriana Paolini /

      Cara Elena, ti ringrazio per le tue belle parole e anche per le tue sollecitazioni. Il mio è una sorta di ‘esperimento’. Mi piaceva l’idea di ricreare quell’attesa dei racconti a puntate sui giornali, un po’ in stile ‘feuilleton’, e dalle tue parole capisco che la direzione è quella giusta… Ma devo venire incontro ai lettori, hai ragione, e ho deciso di pubblicare la quarta puntata giovedì. Spero che questo possa rendere il ritmo più adrenalinico, come tu dici (o Adrianalinico, come dice un mio amico poeta). A proposito, di Clara sappiamo già nella prima puntata, e invece per il resto… dovrai aspettare.

      • Elena Scrima /

        Aspetterò con ansia giovedì… grazie Adriana. Le storie ci salveranno!

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