Paolo Rumiz, La cotogna di Istanbul

Lug 25

Ballata per tre uomini e una donna.

Paolo Rumiz ha scelto il ritmo di una ballata per raccontare (per cantare) la storia d’amore tra Max, un ingegnere austriaco che viene mandato a Sarajevo per lavoro, e Maša, la bellissima figlia di partigiani.

La ballata è una danza, un’armonia, un fluire di parole e di immagini che mi ha coinvolto fino a desiderare di vivere amori tanto profondi da essere disperati (e li conosco, irrinunciabili, visceralmente amati, e maledetti).

La storia mi ha portato in Bosnia, a Sarajevo, nei Balcani e non nascondo che quei luoghi quasi mi hanno spaventato con i loro colori e i loro odori così forti da sembrare (da essere) violenti.

Eppure, come degli amori da follia, ho sentito la nostalgia di quei monti, di quelle città, di quei popoli, anche se non li ho mai visti.

Il racconto mi ha avvolto, mi ha commosso. Mentre chiudevo il libro mi sono sentita felice e anche fortunata di aver trovato una storia così bella e struggente, così viva di poesia.

Fu l’amore fra due giovani

Per un mese per un anno,

quando chieser di sposarsi,

di sposarsi aman aman,

i nemici disser no.

 S’ammalò Fatma la bella

Figlia unica di madre:

per guarir mi porterai,

lei gli disse aman aman,

la cotogna di Istanbùl.

 

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