L’unione fa la forza… Intervista con Lorena Stochino
Gen 07

Vi presento Lorena Stochino
Archivista da vent’anni e libera professionista da otto, Lorena ancora affronta con grande passione ed entusiasmo il suo lavoro, ‘lottando’ per sé e per gli altri, alla ricerca della conoscenza e sempre con una grande curiosità per la vita.
La prima domanda che di solito pongo agli ospiti di questo blog è perché abbiano scelto una disciplina come l’archivistica…
Agli archivi sono arrivata dopo la laurea in lettere, per puro caso. E poi, insomma, questa disciplina mi è entrata dentro e ho scoperto che non è certo un lavoro che si può fare senza passione. Ti puoi avvicinare casualmente, ma se scegli di andare avanti, il percorso è talmente particolare che solo la passione può darti la giusta motivazione. Per me fare l’archivista vuol dire avere potenzialità e potere: si apre un mondo. Credo si possa dire che l’archivista ‘governi’ la storia, nel senso della memoria storica. Questo è un aspetto importante da capire e gli archivisti lo sanno bene.
Che cosa vuol dire che ‘l’archivista governa la storia’?
È un concetto che dominano bene gli archivisti dell’archivio storico, ma ora anche quelli dell’archivio corrente l’hanno compreso (per “archivio corrente” s’intende l’archivio che è attualmente in uso ed è in continuo accrescimento; per necessità pratiche, i fascicoli che compongono l’archivio corrente vengono conservati in locali facilmente accessibili o nella stessa stanza degli impiegati che li utilizzano, ndA). Per questi ultimi è una presa di coscienza più recente perché fino a qualche tempo fa erano considerati dei protocollisti e basta. Ora, nel passaggio alla gestione documentale in digitale è chiaro anche per loro che il loro ruolo è alla base, all’inizio di un archivio che col tempo diventerà storico.
Meno bene, purtroppo, lo capiscono gli amministratori, che non colgono l’importanza di seguire un determinato flusso, un cammino di registrazioni che oltre ad agevolare il loro lavoro costituisce la base per la corretta formazione di un archivio. Ma se ne renderanno conto, ahimè, quando ci si accorgerà che nel passaggio dal cartaceo al digitale saranno andati perduti dei pezzi, dei pezzi di memoria. Solo allora, la consapevolezza tornerà.
Che vuol dire che l’archivistica è potenzialità e potere?
L’uomo acquisisce una forma di potere quando impara a conoscere le verità delle carte e quando ha la possibilità di comunicarla ai posteri. Gli archivisti hanno un vantaggio perché hanno una visione della storia dall’interno, possiamo dire così. Solo per fare un esempio.
In uno dei progetti cui ho partecipato, il Progetto Imago, relativo alla cartografia storica della Sardegna, oltre alle mappe e ai registri del Real Corpo di Stato Maggiore, vi erano moltissimi documenti a corredo. Documenti redatti dai funzionari in cui, oltre alla descrizione del lavoro che veniva svolto, traspare l’umanità di coloro che partecipavano alle campagne di rilevazione e studiando queste carte ci si rende conto di leggere la storia da un differente punto di vista, quello di alcuni dei protagonisti, quasi più “autentico”.
L’importanza degli archivi e degli archivisti era senza dubbio più sentita in passato: basti pensare, solo a titolo esemplificativo, che uno dei primi atti di Giacomo II d’Aragona, dopo la conquista del Regno di Sardegna,
fu proprio l’istituzione dell’archivio che fu immediatamente reso segreto, proprio perché l’archivio è, di fatto, il cuore di uno stato. Al giorno d’oggi purtroppo la percezione dell’importanza degli archivi e, di conseguenza degli archivisti, è decisamente venuta meno.
A che cosa stai lavorando ora?
In questo periodo sono ferma ma con molti progetti in testa. Finora ho fatto diverse esperienze con società informatiche che si sono occupate di diversi progetti archivistici, ma dopo il fallimento dell’ennesima società ho deciso di fare la libera professionista. Uno dei progetti più interessanti cui ho partecipato negli ultimi tempi è stato quello relativo alla valorizzazione dei ruoli matricolari del Distretto militare di Oristano dei militari che hanno partecipato alla Grande guerra, ma purtroppo, portato a termine il progetto, non si sono più presentati lavori d’archivio e questo fa di me una disoccupata a tutti gli effetti.
Non è solo un problema di crisi generale, noi in Sardegna, archivisti e non, sentiamo la mancanza di alcune realtà come quelle imprenditoriali, per poter lavorare, per esempio, in un archivio d’industria.
Possiamo lavorare solo con la Pubblica Amministrazione, che il più delle volte preferisce investire in qualcosa di più tangibile, intervenendo su un sito archeologico con il quale ha un immediato ritorno, invece che con il riordino di un archivio il cui ritorno di immagine e di utilità è ovviamente più lento.
In Sardegna la maggior parte sono liberi professionisti o impiegati per singoli progetti, ma una delle tante idee su cui si discute è di mettersi insieme ognuno con la sua specializzazione – c’è chi si occupa prevalentemente di archivi correnti, chi invece è specializzato negli archivi storici medievali e moderni, chi ancora nelle digitalizzazioni, etc. – in modo da poter proporre offerte più complete e appetibili.
Ora fai parte del Consiglio direttivo ANAI. Che cosa ti ha insegnato questa esperienza?
L’esperienza come consigliere del direttivo nazionale Anai è unica e si sta rivelando ogni giorno di più preziosa e stimolante. Ho acquisito la consapevolezza di far parte di una grande comunità in cui ciascuno porta, o tenta di portare, il proprio contributo e questo, almeno per me, è un grande arricchimento. Mi confronto quotidianamente con realtà che prima non conoscevo e questo mi ha aiutato e mi aiuta anche a vedere l’archivistica in modo differente.
Di una cosa sono certa, e con me lo sono i miei colleghi sardi (e non solo): l’importante è non mollare!