Lezioni semiserie di codicologia – 4
Gen 15

Siamo arrivati alla penultima lezione, ma se vi piacerà, potremo continuare a scoprire insieme altre bellezze e curiosità dei manoscritti medievali.
Vi ricorderete che nei precedenti post, eravamo riusciti a scegliere il supporto giusto, la carta o la pergamena, a rigarlo, a secco o a colore, ed eravamo pronti a riempirlo di scrittura con una penna di volatile, più facilmente d’oca, sufficientemente resistente ed elastica per poter scrivere su un materiale particolare come la pergamena, ma utilizzabile anche sulla carta.
Se poi avete pensato anche che sarebbe stata una bella idea decorare il libro, allora oggi sarà necessario fare attenzione all’ordine delle operazioni.
Ricordatevi: prima si scrive, poi si decora.
Come le vostre matite che con l’uso si consumano, il calamo e la penna dovevano essere temperati e per questo veniva usato un coltello. Pare che i copisti avessero bisogno di affilare il loro pennino così spesso che erano costretti a tenere vicino a sé fra sessanta e cento penne d’oca già pronte.
Chi scriveva doveva essere, poi, così gentile ed efficiente da lasciare non solo gli spazi per il collega miniatore, ma anche essere in grado di agevolare il suo lavoro segnando le lettere guida là dove sarebbero andate delle iniziali decorate, e lasciando brevi note con le indicazioni per l’eventuale illustrazione.
I fogli scritti venivano poi piegati a formare dei fascicoli che sarebbero stati legati insieme.
In effetti, non sappiamo con certezza come venissero scritti i fascicoli, se quando i fogli erano già piegati o mentre erano ancora da piegare. Molto probabilmente erano diffusi entrambi i metodi.
Quindi, una volta tutto pronto, anche i fascicoli dovevano essere messi nella corretta successione.
Per questo, all’inizio si usava numerare i singoli fascicoli, 1, 2, 3 … oppure primus, secundus, tertius… Poi, intorno all’XII secolo, si cominciò a utilizzare il sistema del richiamo.
Il richiamo veniva posto sul margine inferiore dell’ultima carta del fascicolo e consisteva nelle prime lettere o parole scritte sul primo rigo del fascicolo successivo. Questo garantiva (mai al 100%, però!) che la sequenza dell’opera sarebbe stata rispettata.
A questo punto si aveva il codice (in termine tecnico: l’unità codicologica), pronto per essere completato dalla legatura.