La creatività del lettore
Dic 17

Quando si pensa a un creativo viene naturale riferirsi a un artista, uno scrittore, a qualcuno capace di ‘inventare’, di creare un oggetto o un pensiero o una storia con le proprie capacità intellettuali e manuali.
Eppure, moltissimi di noi sono dei ‘creativi’ a propria insaputa.
Vi siete mai osservati mentre leggete?
Tanto per cominciare creiamo delle condizioni in cui il nostro corpo possa essere pronto ad accogliere ciò che stiamo leggendo. Più o meno consapevolmente decidiamo quale posizione sia più comoda, quale ci disponga a una produttiva concentrazione, quale allo studio ed eventualmente alla necessità di prendere appunti.
Non siamo affatto banali nella scelta: pensate a chi legge sdraiato a pancia in giù, o su un tavolo su cui oltre al libro sono presenti vari generi di conforto, a quelli che partono seduti composti e si ritrovano poi semisdraiati con le gambe poggiate sullo schienale del divano. Ho visto anche chi nel suo piccolo bagno aveva attrezzato uno scrittoio inclinabile da staccare dal muro nel momento del … bisogno.
Sono tutte posizioni che dipendono dal nostro umore, dal nostro mal di schiena, e soprattutto da ciò che stiamo leggendo.
Ancora. Vi sfido a restare fermi mentre leggete. Impossibile!
A parte le mani che sfogliano le pagine o che toccano lo schermo per far scivolare la prima schermata, le usiamo per toccarci i capelli, per prendere un caffè, per aggiustarci gli occhiali, per accarezzare il gatto che nel frattempo si è acciambellato sul libro o, nella migliore delle ipotesi, tra noi e il libro.
Portiamo le mani alla bocca durante la lettura di un passaggio particolare del racconto che stiamo leggendo (stupore? paura? tensione? sorriso?), le usiamo anche per asciugare le lacrime se siamo commossi. E non voglio nemmeno immaginare che cosa accada se leggiamo un libro erotico.
Facciamo gesti abituali, rassicuranti e istintivi, legati strettamente alla nostra azione di lettura. Ognuno di noi lo fa in maniera diversa, e così diventa speciale.
Il libro può esistere lo stesso senza lettore?
Il testo esiste perché c’è un lettore, che di quel testo può fare quello che crede.
Lo può amare e detestare. La storia letta sollecita inevitabilmente emozioni, sensazioni e questi incidono sul ricordo che poi si avrà di quella lettura. Anzi, più probabilmente non ricorderemo il testo ma ciò che ha provocato nella nostra anima. Allora sarà una storia nuova, la nostra. E non è essere creativi, questo?
La reazione dipende anche dalle nostre competenze di lettura, dall’uso che facciamo di quel libro, dalle maniere di leggere, dagli strumenti che abbiamo per interpretare ciò che leggiamo. Ma anche da ciò che ci aspettiamo e che ci interessa.
Gli storici della lettura sostengono che non sia il supporto a determinare il testo. A essere determinato è uno spazio di possibilità, che può essere riempito in modi e forme diverse.
Su questo concetto si basano coloro che riflettono sui libri elettronici: la sicurezza di sapere che ciò che è più importante in un libro è il suo contenuto.
Ma qualunque sia il supporto sul quale si trova scritto, un testo ha una propria forma che si compone non soltanto di segni minimi, cioè di elementi grafici, ma anche della combinazione di questi ultimi in una ‘trama’, termine ambiguo quando si parla di storie, ma penso a quella della pagina, di come è stata strutturata, organizzata e riempita di scrittura. Ogni pagina è il risultato di una riflessione importante su come sia possibile realizzare le condizioni migliori per accogliere il lettore e sollecitare il suo momento creativo.
Il testo non esiste senza un supporto che lo offra alla lettura (o all’ascolto), senza la circostanza in cui esso viene letto, o ascoltato. Anche le forme producono senso e incalzano i nostri sensi: un testo è investito di un significato mai conosciuto prima anche quando cambiano i supporti che lo propongono alla lettura.
Importante, poi, è riconoscere le costrizioni che limitano la frequentazione dei libri. Il lettore vuole, deve essere libero e per questo è capace di reagire a pressioni e influenze più o meno evidenti, che può ignorare, modificare o sovvertire.
Pensiamo a quei dispositivi che limitano la nostra libertà di lettura, per esempio quelli istituiti dalla legge e dal diritto nelle forme della censura, per esempio (ma riflettiamo anche sulle censure che noi stessi ci imponiamo a causa di pregiudizi o della lettura di recensioni negative). Pensiamo alla strategia editoriale che vuole guidare le nostre scelte.
Scrive lo storico francese Michel de Certeau «La scrittura accumula, immagazzina, resiste al tempo stabilendo un luogo e moltiplica la sua produzione mediante l’espansionismo della riproduzione. La lettura non si garantisce contro l’usura del tempo (ci si dimentica e la si dimentica), non conserva o conserva male quanto ha acquisito e ciascuno dei luoghi ove passa è ripetizione del paradiso perduto» (L’invenzione del quotidiano, Roma, Edizioni Lavoro, 2010 (Classici e contemporanei)