Ho scritto a Fabio Fazio (e non mi ha ancora risposto)
Gen 20
Non è strano, direte voi: “Chi sei tu che pensi di avere risposta da FF in persona, chi ti credi di essere!” Vero, avete ragione sicuramente.
Comunque ci ho provato. Ho pensato: vedi mai che una piccola provocazione che porti l’attenzione su tutti coloro che lavorano nei beni culturali, inventandosi anche vere e proprie forme di sopravvivenza pur di continuare a produrre cultura, non sia una buona cosa…
Per ora pare che non funzioni… ma se mi risponde ve lo faccio sapere.
Se nel frattempo avete suggerimenti per rafforzare il messaggio, ve ne sarò grata e magari ci riproverò…
Gentile Fabio,
deve sapere che anch’io ho scritto un libro. Anzi, tre. Allora un mio amico mi ha detto “dovresti andare da Fazio”, e naturalmente ho risposto, per celia, “certo, perché no? adesso gli scrivo”, tirandogli una bella pacca energica sulla spalla…
Ma poi ho pensato, perché no?
Con l’avanzare dell’età sono diventata più sfacciata e il mio slogan preferito è ‘non si sa mai nella vita’, dunque eccomi qui.
Lavoro con e sui libri antichi, con una particolare attenzione ai manoscritti. Li studio, li catalogo, li valorizzo, come si dice oggi, e lo faccio da libera professionista. Che cosa questo significhi nel dettaglio, potrei scriverlo in un libro (un altro), in cui alcuni capitoli sarebbero di certo sorridenti di ironiche sfumature, altri, decisamente, no.
Tra le mie attività di valorizzazione dei libri antichi, preferisco quella che faccio nelle scuole e nelle biblioteche: laboratori, incontri, conferenze, rivolti ad adulti ma soprattutto ai bambini.
Ho scritto due libri per ragazzi insieme a Roberto Piumini, che conoscerà come importantissimo autore per bambini e adulti, e che ho coinvolto nel mio progetto. Con questa collaborazione ho inteso fornire una doppia chiave per entrare nel mondo dei libri, quella delle storie e quella della Storia. Sono libri usciti nel 2009, il primo, sulla scrittura e sui manoscritti fino all’invenzione della stampa, e nel 2010 il secondo, sui libri a stampa da Gutenberg agli ebook.
Posso stupirla con effetti speciali perché ‘incredibilmente’ vendono perfino in libreria! Certo, vengono usati perlopiù da insegnanti e bibliotecari, ma sono letti volentieri dai bambini, per loro stessa ammissione, e da adulti curiosi.
Il primo, che si intitola L’invenzione di Kuta. La storia della scrittura e del libro manoscritto, è stato anche tradotto in Brasile. Ho pubblicato questi libri con Carthusia edizioni, patrocinati dal Centro per il libro del Ministero dei beni culturali, che ne aveva acquistato delle copie. Ne ho scritto un terzo, dedicato alla scrittura a mano dopo la stampa (lettere, diari, memorie scritti da donne, bambini, in condizione di analfabeti, semialfabeti…) ma non si riesce a pubblicarlo perché il Centro non ha altri fondi da dedicare a questa iniziativa e non abbiamo ancora individuato una istituzione che possa sostenere il completamento del progetto.
Dopo queste esperienze, mi è stato chiesto di occuparmi di adulti, per carità, sempre per raccontare di libri… e così ne ho scritto un altro, che è appena uscito, per Edizioni bibliografiche. Un amico saggio mi ha suggerito di scrivere divertendomi e ho provato a farlo, portando a passeggio i lettori nei luoghi della scrittura e del libro.
Nel frattempo, ho scritto alcuni articoli sulla didattica del libro, su come far conoscere e utilizzare i fondi antichi delle biblioteche, che sono un patrimonio dal valore inestimabile (culturale ed economico) e che sono sconosciuti ai più. Ho tenuto corsi per educatori di varie regioni e ho una docenza a contratto all’Università di Trento.
In novembre ho presentato domanda, titoli e pubblicazioni all’Abilitazione scientifica nazionale per i docenti di seconda e prima fascia. L’ho fatto per tener fede al mio slogan, che non si sa mai nella vita, ma so che non una di queste mie attività verrà presa in considerazione perché non sono abbastanza scientifiche. Così come molto probabilmente non verranno presi in considerazione i cataloghi di manoscritti che ho curato, a stampa e online.
Sì, faccio molte cose, come la maggior parte dei liberi professionisti nei beni culturali, che per poter condurre una vita dignitosa devono lavorare a quattro o cinque progetti grossi e ai vari corollari.
A mio figlio sto insegnando però che è l’unica chance in questo periodo storico: (almeno) tentare di fare un lavoro che piace, di seguire le proprie inclinazioni ché forse è l’unica possibilità che si ha di riuscire. Sperando che ciò accada con uno stipendio fisso, anche se non sempre (quasi mai nei beni culturali, e non solo ora) è possibile.
Tralascio i problemi di questo modo di vivere per cui io e chi lavora come me viene quasi accusato di essersi procurato, e ciò perché, non serve che lo ricordi, nessuno o ben pochi riconoscono una ricchezza e una vitale importanza alla cultura. Se poi professori universitari, ‘intellettuali’ e simili la sviliscono con giochi di potere e becere performances, come si può dare torto a chi ritiene la cultura inutile?
Ho conosciuto recentemente un professore dell’Università di Leeds, il quale mi ha raccontato che le Università in Gran Bretagna ricevono fondi solo se nei loro progetti c’è una parte legata alla divulgazione: devono dimostrare di essere utili alla comunità. Non è estremamente civile questo? Non è il modo giusto per fare cultura? Qui, pensi, capita che si organizzino seminari internazionali che non vengono pubblicizzati e a cui non assiste nessuno, col risultato che gli studenti e gli studiosi non conoscono altro se non le proprie piccole ricerche, che non esiste confronto, in poche parole, che si dimostra di essere in effetti inutili per la comunità.
Ma torniamo a noi. La proposta è questa: mi inviti a parlare dei libri antichi, di quanto possano essere interessanti, di quanto la loro storia potrebbe esserci utile. Del fatto che noi possiamo conoscere noi stessi conoscendo il passato, che la storia di oggi e del secolo scorso non si può spiegare senza conoscere ciò che accadde prima, che il libro è vita. Che quelli che noi abbiamo per le mani ora hanno una vita simile a quelli di mille anni fa. Che non dobbiamo scegliere tra ebook e libri di carta perché possiamo usare tutti e due. Perché dovremmo rinunciare a essere migliori e capaci di usare due strumenti diversi?
E anche di come sia possibile fare ‘politica’, nell’antica accezione, insegnando ai piccoli e ad alcuni grandi che è necessario porsi delle domande…
Caro Fabio, accetti la sfida, e mi inviti anche per far conoscere al suo pubblico che c’è moltissima gente che fa cultura con completo sprezzo del pericolo (altro che Indiana Jones, che aveva una cattedra all’università, peraltro), e di cui nessuno conosce i volti, ma nemmeno il valore del loro lavoro.
La ringrazio della pazienza con cui avrà letto questa lettera e le auguro buon lavoro.
Adriana Paolini