Sospesi nel cielo. Quinta puntata

Mar 22

Sospesi nel cielo. Quinta puntata

Bonaria passava sulla terra leggera, e di questo Ettore e Giulio, nel loro esilio milanese, le erano molto grati.

 

 

Bonaria era così giovane che poteva essere una sorella maggiore. Con il piccolo Ettore s’era intesa immediatamente. Affetto complicità amicizia: ma lei doveva anche badare alla casa, lo pensò un po’ sbuffando, perché non era mai stata la sua passione, fare le pulizie, e un poco doveva tenere d’occhio anche il papà di Ettorino, che a volte si scordava di mangiare. Non le era chiaro che cosa avesse in mente quel signore, di sicuro adorava suo figlio e soffriva di nostalgia per sua moglie, una donna bellissima di cui un giorno le aveva mostrato la foto. «Siamo la notte e il giorno», aveva commentato lei, scura di capelli e di carnagione, a vedere la capigliatura bionda di Clara e il suo colorito pallido.

E Giulio, preso dai suoi mille impegni, le lezioni, il giornale, si rendeva conto che senza di lei non avrebbe potuto cavarsela. Le era riconoscente, e l’ammirava anche, specie dopo aver conosciuto la sua storia.

Era arrivata a Milano da poco. Quando camminava, sembrava passare sulla terra leggera, era forte come il fuoco e generosa. Ma il silenzio sembrava suo. Mai un silenzio era stato così pieno di storie.

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Sospesi nel cielo. Quarta puntata

Mar 19

Sospesi nel cielo. Quarta puntata

Per voi, oggi, continua il racconto di Giulio, Ettore e della loro famiglia dal Trentino a Milano, ai tempi della Grande Guerra

 

Dopo il bagno, Ettore e Bonaria si fermarono come al solito davanti allo specchio della cassettiera della sua stanza, e giocarono. Lei lo asciugava strofinando forte la testa, e lui si divertiva ogni volta che spostava il telo a farsi sorprendere con qualche smorfia delle sue. Ogni volta Bonaria rideva di gusto, sempre sincera.

A Ettore la risata di Bonaria faceva ridere, gli sembrava saltellante, e rideva ancora e lei rideva di più e lui non riusciva più a respirare e alla fine erano esausti e non si ricordavano più il perché di tanta allegria.

Ettorino aveva i capelli neri, ricci, si vedeva esile ma era molto fiero dei suoi muscoli, già delineati. Le corse, le arrampicate sugli alberi, i giochi stavano costruendo il suo corpo. Aveva il fisico della mamma, sottile ma forte.

Neri erano anche gli occhi, come quelli del babbo, e come lui portava un naso che si capiva sarebbe diventato ‘importante’, la bocca carnosa in quel momento era imbronciata perché cominciava a essere stufo di farsi strofinare.

Diceva che era una fortuna assomigliare ai genitori, oltre che un orgoglio. Come spiegava agli ospiti che non potevano proprio fare a meno di sottolineare le somiglianze, solo in questo caso si era sicuri di essere riconosciuti in mezzo a tanti ragazzini, per esempio all’uscita da scuola. Sapeva che si sarebbe infastidito non poco se il papà avesse riportato a casa qualcun’altro al suo posto. Non riusciva a spiegarsi perché tutti ridessero e scambiassero sguardi d’intesa fra loro, mentre chiariva queste sue esigenze, e quasi troncava il discorso, piuttosto risentito.

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Sospesi nel cielo. Terza puntata

Mar 15

Sospesi nel cielo. Terza puntata

Prosegue la storia di Giulio costretto a partire dal Trentino in guerra, e ospitato a Milano, in casa di un amico insieme a suo figlio Ettore. Clara, sua moglie, è malata e non è potuta partire.

 

«Mamma! Mamma! Vieni qui per favore – chiamò Clara dalla sua stanza. La signora Alda arrivò di corsa, il grido l’aveva spaventata. Alda era una donna di cinquant’anni, capelli neri, sguardo vivace, rotondetta ma senza esagerare. Clara aveva ereditato da lei una pelle liscia come seta, una pelle che Giulio accarezzava in sogno.

«Clara, che succede?!».

«Mamma perdonami, non volevo spaventarti. È arrivato il postino? Non ho ancora avuto la lettera di Giulio».

«Cara, il postino è passato ma non ha lasciato niente da Giulio. Piuttosto ci ha dato una lettera di Francesco. Vuole sapere da noi dove sia sua moglie. Che sia fuggita in Italia anche lei?»

«Ma che dici, mamma, quella poveretta è in Boemia. Ti ricordi che cosa disse don Felice? Bisogna subito avvertire Francesco di scrivere al parroco»

«E va bene, è partita, e non poteva avvertirlo?»

«Ma forse l’ha fatto e Francesco non ha ricevuto il messaggio. Smetti di essere così aspra. Poteva toccare in sorte anche a noi di dover partire. Anzi, dovremmo proprio scrivere a don Felice per sentire come stanno e per sapere se hanno bisogno di qualcosa. Se stessi in piedi andrei io al Comitato».

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