A che cosa serve la Storia?

Nov 09

Continua la serie delle domande epocali che abbiamo deciso di porci sin da quando abbiamo scoperto quanta gente in effetti mangi con la cultura.

Ora la domanda importante è: a che cosa serve la Storia?

A chiederselo sono milioni di studenti sbadiglianti davanti al manuale, o peggio, durante la lezione a scuola o in università, ma anche tutti coloro che alla Storia guardano con sospetto. La Storia è noiosa, è inutile, queste alcune delle obiezioni più diffuse: e poi, scusate, non servirà mica per mangiare!?!! Poi ci sono quelli più furbi che sanno benissimo quanto possa essere importante la conoscenza storica e allora la impediscono, la appiattiscono, la governano e incoraggiano la diffidenza.

Di fronte a tante difficoltà diventa complicato convincere giovani e adulti a leggere, ad ascoltare, a informarsi, a imparare, a rivolgersi alla Storia. Eppure è necessario, oserei dire vitale, provarci, e provarci con convinzione.

Perché?

Innanzitutto perché la conoscenza è una forma di piacere, anzi, è molte forme di piacere. Come tale, va condivisa. Le forme di piacere migliorano la qualità della nostra vita.

Il piacere di solleticare la propria curiosità, soddisfarla, rimetterla in discussione, per guardare a parole e storie diverse dalla propria non è da sottovalutare. Il piacere di conoscere meglio la propria città, la sua storia, di capire il perché di situazioni ormai per noi note e ovvie ma che lo sono diventate in seguito a tentativi e sperimentazioni, per motivazioni tecniche, legate a esigenze sociali, guidate da direttive politiche… E poi, la domanda più importante, perché per noi, ora, certe situazioni sono ovvie? Che cosa le ha rese tali? Che cosa e chi le potrebbe trasformare ancora?

Lo studio della Storia non significa rinunciare al presente, perché solo il presente lo può spiegare. La scelta di approfondire un argomento piuttosto che un altro è dettato da esigenze attuali, da una nostra, personale urgenza di capire ciò che stiamo vivendo, oppure, all’opposto estremo, dalla volontà di mettere a tacere conoscenze che potrebbero avere come effetto una critica alle autorità. Si pensi alle ‘aggiunte’ ai testi scolastici volute recentemente da Putin, che avrà un capitolo dedicato alla celebrazione della sua politica, con la conseguente cancellazione di ciò che vi è di negativo e con la costruzione di un percorso storico interpretato alla luce del suo potere . Ma se il suo è un intervento eclatante, non si dimentichi che ce ne sono di più discreti, ma sempre sollecitati da altri governi e personaggi autorevoli per i loro obiettivi.

Vedete che il piacere di conoscere informazioni si sta trasformando nel piacere di muovere la nostra mente in varie direzioni, di renderla elastica, e consapevole. Respira meglio ed è più disponibile a chiedere. Fare domande, farle nel modo giusto, non è altro che metodo storico che, si scopre all’improvviso, non serve solo per lo studio ma per qualsiasi ambito della nostra esistenza.

Certo, la maggior parte degli scritti storici in circolazione sono dedicati agli specialisti, sono poco accoglienti per chi non è abituato, giustamente, a linguaggi tecnici. Bisognerebbe dedicare più tempo alla cosiddetta divulgazione.

Nella mia esperienza, ho potuto constatare che la curiosità è un ‘virus’ assai diffuso a tutte le età, e quando è adeguatamente sollecitata può esplodere come un fuoco d’artificio.

La divulgazione è la condivisione di una conoscenza reciproca. Non deve essere banale, perché il rispetto per gli altri dev’essere a chi scrive sempre presente, dev’essere gradevole e se possibile divertente, dev’essere metodologicamente corretta, onesta. Non è facile, ma a guardarsi intorno ora, credo che dedicarsi alla divulgazione, per ragazzi e per adulti, sia l’unico vero dovere per gli intellettuali.

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