Sospesi nel cielo. Ultima puntata

Apr 12

Sospesi nel cielo. Ultima puntata

Ho scritto questo racconto, che oggi si conclude, ispirata da alcuni documenti, lettere, cartoline, diari della Grande Guerra che ho avuto tra le mani durante i miei studi. L’unico personaggio del tutto inventato, per il quale non ho riscontri storici, che non ho nemmeno cercato, a dire il vero, è quello di Bonaria, cui sono molto affezionata. Per le frasi nel dialetto nuorese che costellano la storia sono stata aiutata da Rossano ‘Istranzu’ Mameli e da alcuni suoi amici. Li ringrazio tutti con grande affetto. Per me è stato anche un modo per conoscere almeno un poco di quella lingua, di quel mondo, che trovo estremamente affascinante. Gavoi, e il nuorese, mi sono rimasti nel cuore dopo aver partecipato al Festival delle storie, ormai dieci anni fa, credo, ma la gioia che provo nel pensare a quei giorni è sempre la stessa.

Ho cominciato a pubblicare le puntate di questo racconto prima della ‘grande serrata’, quando non si era ancora compresa la gravità della situazione. Ho continuato a condividerlo con voi per mantenere un contatto anche attraverso questa storia. In queste settimane, faticose per tutti, le storie, più o meno belle, più o meno riuscite, sono state cercate, e regalate, da moltissime persone e trovo che questo scambio sia importante. Anzi, credo che si debba ‘ricominciare’ a partire da qui. Grazie a tutti coloro che hanno letto e commentato. Avrò piacere di ricevere ancora i vostri pareri, per migliorare la scrittura, ma anche per conoscerci e chiacchierare. Auguro a tutti voi una giornata serena.


“Mio Giulio,

sono pronta!

Ho le mani che mi tremano mentre preparo i bagagli. Non preoccuparti, viaggerò leggera. Così era scritto nel biglietto di Alfonso che mi ha portato il nostro vicino. Mai avrei immaginato fosse legato agli irredentisti, costui, te lo giuro, lui così silenzioso, quieto, così preso dal lavoro. Chi può mai dire di conoscere davvero qualcuno, si dice così, no? io, poi, che non riconosco nemmeno me stessa. Piango per la disperazione di partire senza la mamma e poco dopo rido immaginando l’espressione di Ettore, e la tua, quando ci rivedremo.

Finirà tutto questo, lo so. Torneremo ad abbracciarci, a stare tutti insieme, anche con Bonaria e Antonio. Amore mio, non vedo l’ora di conoscerli, di ringraziarli! Già li amo, senza averli mai visti, per tutto il bene che vi hanno fatto.

Ora smetto, voglio andare a salutare Maria (che stia vicino alla mamma) e tutti gli altri.

A presto, a presto!

Tua, sempre

Clara”.

Giulio teneva tra le mani le due lettere e pure lui si sentiva diviso in due. La gioia per l’arrivo di Clara, e la preoccupazione per la cartolina che Antonio aveva inviato proprio a lui. Avrebbe avuto una nuova licenza, scriveva, ma prima avrebbe dovuto partecipare a una nuova azione. Non sapeva ancora nulla e nella scrittura non aveva saputo nascondere l’angoscia. Giulio non riusciva a decidere se parlarne a Bonaria. Ormai lei, con l’aiuto di Ettore, era capace di leggere e dunque se Antonio l’aveva indirizzata a lui, era perché non voleva che lei sapesse. Decise di rispettare la sua volontà e di tenere lontana la giovane da nuovi affanni.

Quel giorno il sole era così luminoso, così caldo che per un poco tutti si dimenticarono della guerra. Ettore era sceso nel cortile e giocava a nascondino con il cagnolino dei vicini, un bastardino affettuoso e giocherellone. Giulio li guardava sorridendo dalla finestra, spalancata.

Anche Bonaria li osservava, con la punta delle dita appoggiata sul vetro. Aspettava Antonio. Alla fine Giulio aveva deciso di dirle che sarebbe tornato, senza parlarle dell’assalto cui la Brigata Sassari avrebbe dovuto partecipare. Aveva pensato di darle una speranza senza caricarla di angoscia. Eppure ancora non era sicuro di aver fatto bene, ma ormai non si poteva tornare indietro.

Ci fu la prima scampanellata.

“Aprirò la porta, ma poco, devo prima controllare chi è” si immaginò Bonaria con un finto senso di responsabilità. “Di certo sarà Antonio che suona, un po’ stupito che non capisce perché la porta non si spalanca. Mi sa che ha la barba di giorni, disordinata. Oppure no! Forse si sarà fatto bello per me.

Porterà quella sua divisa sporca, ma di certo avrà cercato di pulirla, con le mani, cercando di togliere la polvere della trincea. Avrà il suo sacco. Dentro ci saranno le mie lettere. Io le sue le ho lette mille volte. A momenti non si leggono più”.

Si morse il labbro, sentendosi un po’ sciocca. E non aveva ancora aperto.

Si guardò nel riflesso del vetro per controllare di essere in ordine, si passò le mani sui capelli, stirò la gonna nervosamente. Con un gesto leggero spazzò via della polvere immaginaria.

“Dopo aver visto che è lui, spalancherò la porta. L’abbraccerò. No no, con quel suo sacco ingombrante, meglio farlo entrare prima. Quando si sarà toldo di dosso quel suo pastrano, sarà libero di abbracciarmi. Ma che pensieri?! Sarà stanco, gli offrirò qualcosa di caldo. Ecco, sì, farò così.

E il signor Giulio si terrà un po’ in disparte. Lo so che vuole parlare con Antonio, ma aspetta che prima io e lui ci salutiamo. È bravo, il signor Giulio.

Mentre loro parlano, preparo il pranzo. Deve essere un pranzo speciale.

Devo aprire la porta”.

Pensò, colpita dalla seconda scampanellata come da un sasso.

“Devo aprire”.

 

 

 

Amedeo Modigliani, Christina (1916)

4 comments

  1. Rita Palma /

    Che peccato che sia l’ultima puntata! ma chi suona alla porta? Sicuramente è Clara vero? E il povero Antonio? sarà una delle povere vittime dell’assurda guerra? Saranno pure inventati Bonaria e Antonio ma sono così amabili e veri forse più di Giulio ed Ettore e Clara. Anzi decisamente più veri!!! Grazie Adriana per le puntate di questo racconto…ci sarà anche questo tra le tante cose da ricordare di questo periodo di quarantena che affastella la mente e il cuore di preoccupazioni, emozioni, riflessioni… ancora grazie un abbraccio

    • Adriana Paolini /

      Grazie a te, Rita. Mi fa contenta, e mi emoziona, il pensiero che questa storia possa far parte dei tuoi ricordi. Grazie davvero

  2. Bel racconto Adriana. Grazie perché hai reso un po’ meno dura questa forzata permanenza casalinga

    • Adriana Paolini /

      Grazie a te per averlo letto. E’ stato un modo per rimanere un po’ più vicine

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