Perfetto del dono che fa di sé

Set 02

Perfetto del dono che fa di sé

È questo un verso di una canzone di Vinicio Capossela, perché stavolta ho pensato di parlare d’amore.

Di amore esistono diverse forme, mi ha spiegato un mio amico poeta: esso si presenta con diversi livelli di profondità, dall’innamoramento all’affetto, dall’amore cerebrale, platonico all’amore sensuale. Il Dizionario Treccani dice che è un “sentimento di viva affezione verso una persona che si manifesta come desiderio di procurare il suo bene e di ricercarne la compagnia”.

L’amore riempie l’anima e il cuore, anche gli occhi e il cervello, e a volte li offusca. In alcuni casi ha come conseguenza il dolore, e questo accade quando ci si offre all’amore senza averne paura: una specie di rischio calcolato, insomma.

L’amore si dovrebbe riversare preferibilmente sugli altri, ma spesso implode dentro di noi. A volte perché non siamo corrisposti, altre perché si ama soprattutto se stessi e allora non resta niente per chi ci è accanto. L’amore è audacia e desiderio, è anche gioia di vivere. Ma questo non lo dice la Treccani, lo dice chi l’ha provato e ne vorrebbe ancora.

Il Dizionario d’italiano propone diverse definizioni, così come presenta la parola amore in contrapposizione a odio; ci mette in guardia da un amore smodato, concupiscente e frenetico. Ma questo non è amore, che abbiamo considerato come manifestazione della nostra generosità.

L’amore per i figli è profondo, così come quello per i propri genitori. Il primo è un amore spassionato: ammette diverse forme di espressione che possono portare ricchezza emotiva o direttamente dallo psicanalista. Il secondo è forse indotto e controverso ma altrettanto viscerale.

L’amore è per la vita, per la propria, che perlopiù è legata a quella di altri. È naturale che si provi, dunque, l’amore per il più o meno prossimo, ma anche per la natura, per la poesia, per ciò o per coloro che ci sollecitano emozioni profonde.

L’amore, qualifica la Treccani, può essere ardente, appassionato, morboso o platonico. Baldassarre Castiglione, nel 1528, pubblica Il Cortegiano. Fino a qualche anno fa quest’autore si studiava a scuola tra i ‘minori’, a causa anche di una lettura poco approfondita della sua opera ritenuta soprattutto un manuale di buone maniere. Ora credo che non si studi più. Ma che non sia un ‘minore’ se ne potrà accorgere chi vorrà approfondire i molteplici significati letterari e filosofici, linguistici e politici dei quattro libri del Cortegiano. Castiglione mette in scena la corte ‘ideale’ e fa conversare tra loro alcuni dei personaggi più noti del Rinascimento italiano. Li immagina riuniti a Urbino e li fa parlare di nobiltà, di guerra, di arte e dell’ideale donna di corte, ma soprattutto della lingua e dei linguaggi – e ricordiamoci che il primo Cinquecento era il periodo in cui andavano formandosi le culture nazionali.

Castiglione parla anche d’amore. Nel terzo libro vengono spiegate le regole che gli uomini devono seguire «per compiacere una donna» e i modi «che deve pigliar il cortegiano per far noto l’amor suo alla donna», compresi danze e canti. Ma la prescelta deve essere capace di riconoscere ciò «che appartiene ai ragionamenti d’amore», ed ecco anche i suggerimenti per rispondere correttamente (ché bisogna sapere come comportarsi con chi ci ama veramente o chi solo dice di farlo). Ci si muove nel dominio dell’apparenza: si gioca sul dichiarare e sul tacere, sull’intrattenere e sul nascondersi. Su tutto, domina la regola della ‘grazia’ e della ‘sprezzatura’, gli atteggiamenti di superiore distacco dettati dalla discrezione, dalla prudenza e dalla virtù che un cortigiano deve avere.

Nel quarto libro, l’argomento principale è la politica. I toni si fanno più aspri, ma poi si stemperano e si innalzano per parlare ancora d’amore. Ma quell’ultima sera non si parla di regole e strategie, ma dell’amore come di un «certo desiderio di fruir la bellezza» e la bellezza è intesa come influsso della bontà divina, dunque in contrapposizione al senso. Ma il bacio, il «bascio», è raccontato come fosse il confine tra l’amore sensuale e quello razionale. È il legame che avvicina le anime, il vincolo, il simbolo della bellezza, dell’amore. Per noi è anche il bacio che si danno due amanti, due innamorati, madre e figlio, due amici. Il bacio che unisce. Che pacifica. Che apre all’emozione, necessaria. Come la bellezza. Come l’amore, in tutte le sue forme.

 

L’immagine che ho usato è di un’opera di Krzyzanowski, Pretty love, del 2016

articolo apparso sul ‘Trentino’ il 1 settembre 2019

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