Intervista a Fabio Magnasciutti

Feb 03

Intervista a Fabio Magnasciutti

Sabato 25 gennaio, lo Studio d’Arte Andromeda di Trento ha aperto le sue sale per inaugurare la mostra personale di Fabio Magnasciutti, illustratore, vignettista, musicista e poeta. Dopo averlo premiato alla XXVI Rassegna Internazionale di Satira e Umorismo “Città di Trento”, lo Studio Andromeda ha deciso di esporre una selezione delle sue opere, quelle che lui stesso chiama le «cose», perché si potrebbero chiamare vignette, ma non sarebbe del tutto corretto, dice.

Chi le osserva viene raggiunto da stimoli multiformi che provocano varie reazioni: in molti casi si ride, in altri si sente un groppo in gola. Magnasciutti esegue le sue «cose» utilizzando programmi di grafica perché sono idee che nascono e hanno bisogno di essere espresse con una certa urgenza e immediatezza di segni, perché sono parte di un dialogo che, con o senza social, Fabio intrattiene con il mondo. Un mondo che ha bisogno di essere osservato «facendo un passo di lato, cambiando punto di vista» ed è così che lo offre agli altri.

Fabio Magnasciutti insegna illustrazione editoriale presso lo IED di Roma, ma dal 2005 ha aperto la scuola di illustrazione Officina B5: «Insegno le tecniche di base agli studenti del primo anno. Alla prima lezione spiego che tutti sono capaci di disegnare, perché le tecniche si possono imparare e sperimentare fino a scegliere quella che più ci appartiene. Ciò che fa la differenza è il lavoro continuo su se stessi: bisogna imparare a osservare, a leggere ciò che ci circonda, e poi a trasformare quello che abbiamo visto in un segno o in una vignetta che siano nostri, ma che stiamo offrendo ad altri». Magnasciutti racconta di quando iniziò il suo lavoro per La Repubblica. Il suo compito era illustrare un articolo alla settimana: «La consegna doveva essere fatta nel giro di poco tempo e spesso non conoscevo l’argomento di quel pezzo. Dovevo informarmi». Ma la rete, quella virtuale, non c’era ancora. «Raggiungevo in macchina i posti dove speravo di trovare notizie. Ottenevo le informazioni utili per quel giorno, ma mi rimanevano dentro anche le strade, gli alberi, gli incontri, la musica che mi avevano accompagnato nella mia ricerca». Cresciuto con le letture di Gianni Rodari e con le illustrazioni di Jacovitti, Magnasciutti ha continuato a lavorare collaborando anche con Il Fatto, Linus, Left e pubblicando per Giunti, Lapis e altri editori.

Per Barta, nel 2018, è uscito un albo di grande delicatezza, “Noi”, nel quale l’autore racconta di un incontro giocando con le impronte digitali. «Se per le mie ‘cose’ utilizzo la tecnologia, la verità è che preferisco altri materiali e altre tecniche. Voglio toccare i colori e sentirne l’odore, sporcarmi e scoprire, per esempio, che le impronte lasciate dalle dita macchiate d’inchiostro possono diventare una storia». Nei lavori di Fabio Magnasciutti tutto può diventare una storia. È questo che insegna ai suoi studenti e comunica ai suoi lettori: «Non è sempre possibile spiegare una vignetta o un’illustrazione. Non cerco l’immediatezza, ma voglio esprimere quello che ho dentro, che non è solo l’idea che qualche evento mi ha sollecitato, è tutto ciò che ho visto, ascoltato, vissuto nella vita. Nel tempo, nel costante lavoro, ho trovato il modo di esprimerlo». È un modo garbato, il suo, che però non mente. Magnasciutti ciò che pensa lo dice, o meglio, lo illustra. A volte lo scrive. Lo fa anche nel blog Laical, un ‘calendario laico’ dedicato ai compleanni di grandi personaggi, celebrati con un ritratto e un testo poetico. «Non ho ancora deciso che cosa fare di questi testi, forse un giorno diventeranno un libro. Anche per altri miei lavori funziona così: ho l’idea, la seguo, la guardo di fronte e spostandomi di un passo a lato, ma in realtà solo alla fine saprò se la pubblicherò, o se rimarrà solo mia».

Non è semplice trovare lo spazio (e il denaro) per l’arte e per la cultura, ma si continua a farlo, perché sabato 25 «dopo una bella serata ricca di occhi e cuori, si discuteva del senso delle cose, perché si fanno, perché ci si ostina a farle. La risposta è arrivata in tempo, chiara e limpida come una grappa». Quando si ha dentro di sé un’urgenza, una passione, non si può fare diversamente.

La mostra resterà aperta fino al 7 febbraio 2020 (orario: 17-19.30 tranne la domenica)

 

**L’articolo è stato pubblicato sul quotidiano ‘Trentino’ il 4 febbraio 2020

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