Viaggiatori d’Occidente

Ott 29

Viaggiatori d’Occidente

Viaggiando scopriamo noi stessi, si dice, ma questo nel Dizionario non c’è scritto. Viaggio, in Treccani, è “l’andare da un luogo ad altro luogo, per lo più distante, per diporto o per necessità, con un mezzo di trasporto privato o pubblico”. Nel corso di un viaggio, però, impariamo davvero molto di noi: quanto siamo resistenti, o coraggiosi, ma anche curiosi, quanto siamo disponibili allo scambio, quante valigie siamo in grado di portare da soli. Abbiamo l’opportunità di venire in contatto con un mondo che non è il nostro e, attraverso quello, diamo, potremmo dare, un senso più profondo a quello in cui viviamo ogni giorno. Incrociamo persone che, per abitudini, tradizioni, condizioni di vita, si comportano in modo diverso da noi, eppure spesso cogliamo gesti familiari che ci mostrano quanto siamo legati al resto dell’umanità.

Quando arriviamo in un posto nuovo, spesso da soli, ci rendiamo conto di aver superato la paura. Non ci ha mai abbandonato, la paura, ma siamo orgogliosi di non averle permesso di fermare il nostro cammino. Non conosciamo nessuno, ma se sorridiamo, qualcuno ci sorriderà. Se chiediamo, qualcuno ci risponderà. Questo accade sempre, nonostante tutto. Si crea una relazione, una corrente di notizie, di esigenze, di sensibilità, di parole che scorre tra noi e gli altri. A guardare bene, la paura, e, di conseguenza, l’accoglienza possono essere più o meno sostenibili a seconda del motivo che ci spinge a viaggiare.

Il senso del viaggio è dato anche dal mezzo che scegliamo. In treno, per dire.

Dal finestrino intuiamo luoghi che non abbiamo mai visto. Viene da cercare qualcosa di speciale, di strano, di diverso da quello che conosciamo, e se non c’è restiamo delusi. Questo perché abbiamo già viaggiato con la mente e, oltre che di valigie, siamo carichi di aspettative. Tentiamo ugualmente di immaginare come vivano gli abitanti di quelle pianure – noi che veniamo dal mare -, o quelli delle periferie della grande città che il treno sta lentamente attraversando – noi che veniamo da un paese di montagna.

Intravediamo qualche scena, per strada, in un cortile. Potremmo sbirciare perfino dalla finestra la cena di quelle famiglie che vivono alla distanza di un braccio dalla ferrovia. Una vita complicata, la loro, che per noi, ignari, potrebbe essere come un coup de théâtre: ma davvero si può vivere così!?

Il giovane studente di medicina seduto al nostro fianco sta preparando la sua tesi al pc. È inquieto, continua a scambiare messaggi con qualcuno e a correggere i testi. Poi, all’improvviso chiude tutto, anche gli occhi, e sorride. Più in là un bambino delizioso gioca con il suo papà indiano e la sua mamma italiana. La coppia non troppo giovane che sta loro accanto sorride ai giovani genitori, e all’improvviso, l’anziana signora si alza e bacia suo marito, che le è di fronte, con inaspettata dolcezza.

Quei fidanzati laggiù stanno andando in vacanza. Il più giovane non riesce a contenere la sua gioia e non smette di parlare, il suo compagno cerca di farlo tacere abbracciandolo. La signora di mezz’età passa il tempo guardandosi intorno e divide la sua frutta con il giovane che viaggia in bici. Quando il ciclista scende la saluta ancora dalla banchina. Coloro che viaggiano sul nostro treno ci somigliano: tutti amano qualcuno, tutti hanno lasciato una casa e vanno altrove.

Lo scrittore Antonio Moresco e i viaggiatori della Repubblica Nomade, invece, si muovono a piedi, per riscoprire la terra, le strade, per vedere da vicino altre vite, per incontrare, per conoscere. Per apprezzare il silenzio della camminata ma anche il dialogo profondo che nasce tra donne e uomini che si muovono, lentamente, fianco a fianco: “La Repubblica Nomade è uno spazio e un sogno in movimento dove le persone che scelgono di farne parte, o di attraversarlo, possono trovare un loro posto e dove il nomadismo diventa prefigurazione di un diverso modo di vivere e di stare al mondo. Il nostro percorso è cominciato alcuni anni fa, quando un gruppo di donne e uomini […] ha attraversato l’Italia e l’Europa con una serie di cammini, eleggendo lo spostamento, l’invenzione, l’avventura e la traslocazione a linguaggio e messaggio irradiante”.

 

articolo apparso sul ‘Trentino’ il 25 ottobre 2019

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