I giovani professionisti. Intervista con la campagna ‘Mi riconosci?’

Mag 01

I giovani professionisti. Intervista con la campagna ‘Mi riconosci?’

Vi presento la campagna ‘Mi riconosci? Sono un professionista dei beni culturali’

Nel novembre 2015 si forma ufficialmente la campagna Mi riconosci?, in seguito a un lento lavoro di riflessione e poi di condivisione nato sulla legge Madia sui beni culturali. Nel corso della sua attività, la campagna ha dimostrato di avere grande capacità di catalizzare l’attenzione degli studenti, degli operatori del settori e dei politici, grazie alla concretezza delle loro proposte e alle loro modalità d’azione.

Risponderà alle domande Leonardo Bison, archeologo e attivista della campagna.

 

Com’è nata la campagna Mi riconosci?miriconosci_logo

Il nostro gruppo avvia i primi passi, anzi le prime discussioni, in seguito alla promulgazione della legge 110/2014, la cosiddetta legge Madia sui beni culturali, dedicata in particolare al riconoscimento di alcune professioni dei beni culturali. Una legge che avrebbe dovuto essere attuata entro il marzo 2015 e che non ha ancora promosso, a tutt’oggi, azioni di alcun genere.  Alcuni rappresentanti degli studenti di Link-Coordinamento Universitario (la parte universitaria della Rete della Conoscenza, il network dei soggetti in formazione) iniziarono fin da subito a interessarsi alle criticità legate all’accesso alle professioni e ai percorsi post-laurea e in particolare nelle università di Padova, Lecce, Pisa, nacquero dei gruppi di discussione… Con fatica, Link-Coordinamento Universitario, su sollecitazione di questi gruppi, ha avviato i contatti per formare un vero e proprio ‘Gruppo nazionale beni culturali’, che progettasse una campagna che poi si è trasformata in “Mi Riconosci?”: abbiamo iniziato a lavorare ufficialmente insieme nel marzo 2015 e la campagna è stata lanciata a novembre.

Da chi è formato questo gruppo e chi può partecipare?

Inizialmente eravamo tutti studenti, poi man mano, avendo deciso di lavorare sull’accesso alla professione, si sono avvicinate persone già laureate, molti di noi si sono laureati nel frattempo, e ad oggi il nostro gruppo conta persone ancora in formazione e persone che lavorano, o sono in cerca di occupazione. Lavoriamo e ci coordiniamo su internet, attraverso riunioni online, e cerchiamo di decidere il più possibile tutto insieme, discutendo: più passa il tempo, più ci allarghiamo, e più stiamo riuscendo a creare gruppi sui territori, organizzare incontri dal vivo e così via.miriconosci_padova

A chi avete rivolto le vostre proposte? Con quali risultati?

Le nostre proposte sono estremamente concrete, una delle cose più importanti che chiediamo è l’attuazione della legge 110/2014, che doveva essere attuata entro marzo 2015: siamo ancora in attesa dei decreti. Abbiamo presentato il nostro documento programmatico ad esempio a Giuliano Volpe, Presidente del Consiglio Superiore dei Beni Culturali, o a Irene Berlingò della Direzione Educazione e Ricerca ottenendo ascolto, almeno per ora. Stiamo elaborando con attenzione e fatica proposte più estese e dettagliate, che siano spunto di discussione per le categorie professionali, e che servano al Ministero per “darsi una mossa”: non è un caso che abbiamo deciso deliberatamente di essere “una campagna”, un gruppo di persone che combattono per qualcosa insieme e non una organizzazione o una associazione. Non ci interessa diventare interlocutori privilegiati di qualcuno, ma unire le persone, le istituzioni, le associazioni, per obiettivi comuni, portare la situazione dei professionisti dei beni culturali al centro del dibattito pubblico. In continuità con le rivendicazioni della Rete della Conoscenza, infatti, noi agiamo in un ottica politica che vede la cultura e i beni culturali come assolutamente centrali e necessari per la crescita e lo sviluppo del nostro territorio e di un coscienza civica collettiva.

E questi personaggi che tipo di risposte vi hanno dato? La sensibilizzazione degli operatori e dei cittadini è determinante, ma lo è anche individuare la persona che può dare delle risposte adeguate.

Non abbiamo idea di quanto peso abbiamo ora, ma pensiamo di essere riusciti a smuovere già qualcosa. Il Ministero sa che esistiamo e considera le nostre posizioni, nel bene e nel male. Sappiamo che alcuni sono rimasti ammirati dal nostro lavoro ma ci sono arrivate voci anche di chi è rimasto infastidito soprattutto dal nostro modo di agire. Accettiamo ben volentieri anche le critiche e nel complesso riteniamo che sia una situazione molto positiva: essendo nati da pochi mesi e senza soldi, è già un gran risultato aver mosso le opinioni. Pensiamo sinceramente di poter ottenere una regolamentazione dell’accesso alle professioni e una valorizzazione dei titoli di studio del settore, dei percorsi formativi, ma potremo ottenere tutto ciò solo creando un’autocoscienza professionale nel nostro settore. Insomma siamo fermamente convinti che prima di interloquire fruttuosamente con le istituzioni, dobbiamo diventare tanti e agguerriti.

Gli incontri che state organizzando in tutta Italia, come funzionano? Chi organizza, di che cosa discutete, quali sono i vostri obiettivi?

miriconosciFinora abbiamo organizzato una decina di incontri e ne sono in programma altri in maggio. Servono a presentarci e a discutere della situazione dei professionisti dei beni culturali, capire i problemi e far capire che si possono risolvere insieme. In alcune città abbiamo organizzato noi l’incontro, in altre abbiamo chiesto aiuto ad amici in loco o rappresentanti di Link-Coordinamento Universitario. Poi, abbiamo lanciato un appello a tutti per darci una mano a organizzarne altri. Devo dire che ci hanno contattato in molti e stiamo organizzando altri incontri in città che non erano previste nel programma: è di sicuro una fatica in più ma vale la pena. Siamo già stati a Macerata, invitati dagli studenti, e ad Ascoli, invitati dal Presidente del Corso di beni culturali, ma a noi basta avere uno spazio qualsiasi per la nostra assemblea e… arriviamo! Vogliamo creare una rete sempre più salda e radicarci nei territori, per iniziare a interloquire anche con gli enti locali: siamo appena partiti, ma stiamo trovando sempre più persone pronte ad appoggiare attivamente il nostro progetto. Ci sembra che in genere stia funzionando, anzi, colgo l’occasione di questa intervista per dire che se qualcuno volesse offrirci uno spazio in città in cui non siamo ancora stati, saremo ben lieti di accogliere l’invito!

Mi pare evidente che siate tutti molto giovani, ma per ovvi motivi, mi sorge spontanea la domanda: c’è un interesse nel coinvolgimento anche dei precari over 45?

Sì, siamo giovani, ma l’interesse al mondo della formazione è anche dovuto al fatto che l’aspetto più propriamente professionale è coperto dal lavoro delle associazioni professionali (almeno per alcune professioni, non per tutte purtroppo): con le nostre analisi vogliamo costringere MiBACT e MiUR a parlarsi, cosa che non succede e che danneggia pesantemente tutti gli operatori, a qualsiasi livello. Abbiamo cominciato da un’iniziativa ‘pratica’ come la discussione sul costo dei corsi post-laurea, ad esempio, che è un aspetto che stiamo sollevando con forza, e che era stato sempre rimasto costantemente in sordina. Tra i nostri obiettivi primari, almeno per ora, c’è quello di focalizzare l’attenzione soprattutto sui percorsi formativi necessari per accedere alla professione che, a sua volta, deve essere necessariamente regolamentata.

Quando il gruppo è nato, eravamo molto pochi, soprattutto archeologi e alcuni storici dell’arte, ormai non è più così: abbiamo molti diagnosti, diversi archivisti e bibliotecari, alcuni antropologi culturali… e come accennavo, molti di noi già lavorano. L’età media credo si aggiri intorno ai 27-28 anni.

miriconosci2La nostra battaglia è evidente che parli ai professionisti di ogni età, seppur la rabbia da cui è nata questa campagna è una rabbia anche generazionale, grazie all’idea di una pensione a 75 anni o al reiterato e discutibile concetto che “per i giovani lavorare gratis è una fantastica opportunità”: l’essere giovani e arrabbiati è uno dei nostri punti di forza. Sono molte le persone over 40 che appoggiano e sostengono la nostra battaglia. Forse noi non conosciamo bene le loro problematiche ma di certo non ci tiriamo indietro nel lavorare insieme. Abbiamo assoluto bisogno di stare dalla stessa parte: forse un professionista di 40-50 anni potrebbe non trovarsi molto a suo agio col nostro modo di agire (comunicazioni online, riunioni online, proteste plateali) ma sicuramente può concordare sui contenuti e darci una mano, ad esempio, nella scrittura di documenti di analisi propositivi, e non solo. E a proposito di proteste plateali vorrei ricordare quella fatta da una libera professionista di 42 anni contro il lavoro gratuito richiesto ai professionisti, che, fra l’altro, ha citato la nostra campagna come esempio di battaglia da seguire durante un grande convegno di archeologia a Firenze a fine marzo. La nostra è una battaglia caratterizzata dalla rabbia e dall’ottimismo tipici degli under 30, ma c’è un assoluto interessamento nel coinvolgimento di tutti, perché tutti hanno la loro esperienza da mettere a servizio di una causa comune e importante per tutti noi, e per il Paese.

 

Non riesco a fare a meno di lasciare un breve commento. Credo che questa intervista possa sollecitare un grande interesse da parte dei giovani ma non solo. Per noi ‘over’(30, 40, 50 e ancora precari) diventa prioritario far conoscere i nostri problemi, per non diventare, di nuovo, invisibili, prima alla generazione che ci ha preceduti (e che in effetti, ha causato una buona parte di quei problemi), e ora anche a quella che ci segue  (ap).

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