Guardiamo le figure? Intervista con Giorgia Atzeni

Apr 08

Guardiamo le figure? Intervista con Giorgia Atzeni

Giorgia Atzeni è un’artista, un’illustratrice di libri per ragazzi, ma anche una studiosa del libro illustrato del Cinquecento. Svolge da vent’anni attività didattico-laboratoriale in ambito ludico-artistico nelle scuola primaria e secondaria, in spazi museali, librerie e biblioteche, ludoteche e Festival letterari. Ha pubblicato le sue illustrazioni per Salani, Il Castoro, Giunti, Segnavia, Franco Cosimo Panini ed Edizioni Corsare. Il suo ultimo libro illustrato è “Luci”, scritto da Massimo Ivaldo (Edizioni Corsare). Oggi è soprattutto un’insegnante, ma le strade intraprese alla ricerca della bellezza, antica e moderna, artistica e musicale, la rendono una professoressa molto speciale.

Nella breve presentazione ho sfiorato solo alcune delle tue attività e delle tue molte ‘professionalità’. Raccontaci …

Da piccolissima giocavo coi pennelli di mio padre (Gianni Atzeni) e seguivo le note di uno spartito aperto durante le prove di un coro polifonico frequentato dai miei genitori. Mio nonno paterno, artigiano falegname, suonava il mandolino e il violino nella sua stanza privata. Quando riuscivo a varcare la porta dei suoi segreti, lo osservavo, in silenzio. Va da sé che prima dei sei anni desiderassi imparare a suonare uno strumento e già intonavo con sicurezza buona parte delle canzoni interpretate da Shirley Temple nei suoi famosi film. Ho amato sempre i libri con le figure e ho iniziato a leggere molto presto. Non chiedetemi perché sia successo, credo che la responsabilità sia di mia madre che mi ha incoraggiata, spingendomi verso ogni forma di espressione poetica umana, sia essa parola, musica o arte. Più si convinceva della mia idoneità a tutto, più diventavo precocemente abile in ambiti diversi: in fondo questo è ciò che gli esperti potrebbero chiamare sviluppo della “fiducia in se stessi”, quella che spesso manca ai bambini in certi contesti socio-culturali del nostro paese, dove le famiglie non hanno strumenti per stimolare fantasia e creatività.

Non sono mai stata migliore di altri bambini o davvero particolarmente dotata: la forza dell’incitamento, l’applicazione, la giusta concentrazione, credo porti a obiettivi impensabili; la crescita dell’individuo può avvenire in modo stranamente naturale quando hai vicino qualcuno che crede ciecamente in te.

Ho studiato violino al Conservatorio di Cagliari e pur non avendo conseguito il diploma, la passione musicale non si è mai esaurita, anzi ho trovato nel canto una mia naturale possibilità di espressione. All’Università, ho scelto la Facoltà di Lettere Moderne per poter avviare gli studi in ambito storico-artistico. Crescendo non sono diventata un’intellettuale, nemmeno una tipa particolarmente brillante. Sono stati il mio occhio e il mio orecchio ad aiutarmi e proteggermi dai pericoli di una vita monotona e tendenzialmente statica di una Sardegna lontana dalle aggiornatissime proposte culturali continentali.

Ai libri illustrati, antichi e moderni, come sei arrivata?

Per quelli devo raccontarti degli incontri speciali che ho fatto negli anni di Università. A cominciare da quello con Maria Grazia Scano Naitza, docente di ‘Storia del disegno, dell’incisione e della grafica’, che, grazie alle mie conoscenze nel campo dell’incisione calcografica, acquisite nel laboratorio/stamperia di mio padre, mi ha coinvolta attivamente nelle sue lezioni. Prima e dopo la laurea, ho sostenuto la cattedra con l’attività di ricerca, seguendo gli studenti e tenendo alcune lezioni, fino al ruolo di Cultore della materia. Terminati gli studi di specializzazione in Storia dell’arte (quasi un dottorato ai tempi delle lauree di vecchio ordinamento, con accesso a numero chiuso) e a seguito del conseguimento del titolo di dottore di ricerca in Letteratura comparata, ho potuto approfondire le mie ricerche nel campo del libro illustrato prodotto e circolante in Sardegna dei secoli XV e XVI.

Il libro è diventato inevitabilmente motore centrale dei miei interessi accademici. Tuttavia, non avendo mai smesso di disegnare, ho trovato anche uno sbocco parallelo utile a compensare i mei desideri espressivi. In quegli anni ho avuto altri incontri speciali, questa volta nell’ambito editoriale per ragazzi: gli editori Tuttestorie/Hamelin e Salani, con i quali ho avuto le mie prime esperienze. Ricordo ancora quando Donatella Ziliotto mi contattò nel 2002 per lavorare a un testo. Una pista, quella dell’illustrazione, che non avevo assolutamente considerato fra quelle possibili.

Oggi, a passi piccoli e lenti, continuo ad avere alcune interessanti occasioni per collaborare con il mondo dell’editoria per ragazzi. Da ultimo ho ricevuto la fiducia da Giuliana Fanti di Edizioni Corsare che mi ha affidato le illustrazioni di “Luci”, coi testi di Massimo Ivaldo.

Per il resto ci sono esperimenti di autoproduzione, come il calendario che puntualmente alla fine dell’anno decido di assemblare per quello in arrivo.

 

Come concili, dovrei dire arricchisci, queste esperienze con l’attività di insegnante?

L’esperienza nei beni culturali è naturalmente correlata al mondo dell’insegnamento. Tutto torna. Da piccola non ho fatto altro che giocare “a far la maestra” con le amichette o con le bambole. Si tratta probabilmente di un’attitudine, la mia; un desiderio di trasmissione della conoscenza, un modo per relazionarsi con il mondo. Nei primissimi anni universitari ho impartito, non a caso, lezioni di musica nella scuola dell’infanzia. Ho proseguito, con le elementari: “maestra Giorgia”, insegnante di musica.

Non si tratta solo di conoscere, di avere in testa le nozioni giuste, quelle che i discenti si aspettano o che le famiglie pretendono da te. Si tratta di avere la patente per guidare un gruppo, di intrattenerlo con argomenti importanti, sapendosi persino divertire.

Coi bambini l’insegnante deve, con pazienza, moltiplicare i canali di ascolto, deve prestare attenzione costante, essere in classe per tutti. Ho scoperto che musica, letteratura e arte sono i canali che i giovanissimi prediligono. Attualmente insegno nella scuola secondaria di primo grado. Si tratta di una fase di passaggio, di precariato: questa professione oggi mi garantisce un’entrata sicura. Grazie alla scrittura sul blog “lespilledellaprof” riesco a prendere la distanza giusta utile all’analisi di questo ruolo difficilissimo nella scuola oggi.

Che cosa vuol dire illustrare un libro, oggi, ma anche nel passato?

I volumi illustrati nel passato hanno consentito alla letteratura, in particolare con l’ingresso dei testi figurati in tipografia, di diventare popolare. Oggi, per stimolare l’approccio alla lettura, si pubblicano i libri con le figure indirizzati ai piccolissimi e li si accompagna in tutto il percorso di crescita con altrettante proposte eleganti ed efficaci. Le immagini arricchiscono il testo, lo traducono, ne fanno una versione accattivante e piena di significati estetici e poetici.

Nella mia esperienza trascorsa in agenzia pubblicitaria a sostegno del settore di Infografica di un quotidiano nazionale ho potuto appurare la funzione specifica del corredo figurativo persino nel giornalismo.

Ho potuto illustrare dei libri per caso e il desiderio di provare a tradurre testi in immagini diventa ogni giorno fortissimo. Osservo il mondo dell’editoria per ragazzi attraverso i canali digitali. Scopro autori sempre più capaci, editori sempre più attenti. Naturalmente mi servo dei materiali bibliografici nelle mie lezioni: i ragazzi apprezzano molto una prof che porta libri illustrati in classe e che li legge a voce alta per loro.

La scelta delle tecniche, mai casuale, dipende da tradizioni grafiche, desiderio di sperimentare e chiara coscienza di ciò che si vuole ottenere…

I nostri ragazzi sono davvero poco informati su cosa sia stata la tradizione libraria precedente l’era digitale, la stampa col solo inchiostro scuro su pagine chiare. Tutta la storia del libro antico, tirata coi torchi dei nostri antenati, presentava – salvo rari casi di inserti colorati a mano – un corredo in bianco e nero. La tradizione prosegue, senza sosta, in B/N fino all’arrivo degli inchiostri litografici. Solo con la cromolitografia nel 1837, grazie alla sinergia delle idee di Le Blon e Senefelder, abbiamo la vera rivoluzione: finalmente si stampa a colori anche su materiali diversi dalla carta.

L’uomo ha sempre vissuto il mondo a colori, ma ha letto in bianco e nero, così come ha guardato le figure in chiaro scuro sulle pagine. Potremmo dire, quasi, che la storia del libro, in fondo, sia in bianco e nero, se escludiamo le testimonianze pittoriche e le pagine miniate precedenti Gutenberg.

Io sono una che illustra a colori. Ho sempre preferito la varietà della scala cromatica al bianco e nero, presumibilmente per una questione caratteriale, prevalentemente solare e positivo. Inizialmente avevo escogitato un trucchetto per ottenere un effetto naive sulla tavola utilizzando lo stratagemma dell’alternanza mano destra (sono destrorsa) mano sinistra. Usando i pastelli colorati, talvolta, non riuscivo a dare il contrasto cromatico desiderato sebbene il tratto fosse in linea con le mie scelte stilistiche. Per questo oggi preferisco disegnare con le forbici utilizzando delle carte preparate con l’acrilico, che ritaglio e assemblo sulla pagina bianca. Intervengo con inserti a pastello, uni-posca, di nuovo acrilico, sovrapponendo vari strati, anche per ovviare a qualche problemino con la prospettiva. Se occorre, ritocco le scansioni con Photoshop per appiattire o aggiustare le sbavature.

 

Per chi volesse approfondire le ricerche di Giorgia Atzeni sulla circolazione dei libri in Sardegna tra XV e XVI secolo si vedano, fra gli altri:

Letteratura e immagine: le prime illustrazioni del Furioso;

Gli incisori alla corte di Zoppino

Giorgia suggerisce anche la lettura dell’interessantissimo volume Cromorama. Come il colore ha cambiato il nostro sguardo, (Einaudi Stile Libero, 2017) di Riccardo Falcinelli, grafico e autore di saggistica sulla percezione visiva, con cui dialogherà il 21 aprile 2018 presso la MEM, Mediateca del Mediterraneo a Cagliari.

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