Letture per l’estate: Epepé di Ferenc Karinthy

Lug 24

Letture per l’estate: Epepé di Ferenc Karinthy

Nella migliore delle tradizioni, l’ultimo post dell’estate è dedicato a un libro da leggere in attesa delle nuove storie e delle nuove interviste. È ormai inutile che ricordi a voi lettori che le mie sono recensioni finte, ma rappresentano solo un modo per condividere letture coinvolgenti, interessanti e strane.

Ecco, questa proprio non posso fare a meno di raccontarvela. Ero lì che chiacchieravo con un amico e lui mi dice devi leggere assolutamente Epepe, o Bebe o chissà come…

E io, sciocca che insistevo a chiedere il titolo esatto, e lui, sempre, ‘ah, vedrai..’

E ho visto. Anzi, ho letto un libro bellissimo, troppo coinvolgente per cadere nell’angoscia che pure sembra provocare, troppo affascinante per permettere di lasciarlo di colpo, con la schiena sudata dallo straniamento cui potrebbe condurre.

Un linguista ungherese, il professor Budai, deve andare a Helsinki per tenere una relazione al congresso di linguistica. All’aeroporto di Budapest sbaglia uscita, sale su un volo diretto altrove, e scende in un luogo ignoto: si accorge di non essere a Helsinki solo quando arriva in città.

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Beautiful Beautiful Copenhagen!

Mar 29

Quando ho saputo che sarei andata a Copenhagen non mi sono potuta trattenere dal cantare come Danny Kaye. Chissà se qualcuno si ricorda il film dedicato a Hans Christian Andersen del 1952, Il favoloso Andersen, era il titolo in italiano. L’ho visto da ragazzina (e non certo in prima visione!), e di quel film in effetti ricordo solo la canzone, e Danny Kaye, che mi piaceva tanto.

Martedì 1 aprile partirò per partecipare alla 15ma conferenza sul manoscritto, organizzata dall’Università di Copenhagen, per parlare a un consesso, mi dicono, di circa 150 persone, del mio progetto per un catalogo ragionato sui manoscritti della Grande Guerra, conservati presso l’Archivio della scrittura popolare di Trento.  Per coloro che sono interessati, posterò il testo fra qualche giorno…

Naturalmente in queste settimane ho lavorato sulla relazione e sulla presentazione con immagini dall’Archivio che mi farà da ‘sottofondo’, ma mi sono preparata al viaggio, come faccio sempre, anche attraverso altre piccole divertenti attività.

Per prima cosa mi sono procurata una cartina, rigorosamente di carta.., di quelle da aprire in mezzo alla strada senza essere capaci di ripiegarla correttamente e da buttare nella borsa così come viene… Ho individuato albergo, luogo della conferenza, e il Diamante nero, che è uno dei palazzi della Biblioteca Reale di Copenhagen, dove andrò a consultare delle cinquecentine (anche lì, sì, anche lì).

Quindi mi sono riletta le favole di Hans Christian Andersen, poi un paio di gialli. Uno, piuttosto divertente, di Dan Turell (in cui ho trovato la descrizione di una zona nominata anche nelle favole, la Rotonda, e mi sono sentita tanto intima della città…), e l’altro, pieno di suspence, di Anders Bodelsen.

Ora sto leggendo i racconti di Karen Blixen.. e anche la guida di Copenhagen… Non vorrete mica farmi solo lavorare!?!

Per il momento vi saluto, devo esercitarmi nella performance… Al mio ritorno avrete testi e racconti, e se riesco anche qualche foto.

Farvel!

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Sandro Bonvissuto, Dentro

Feb 01

Non faccio recensioni vere, sono pigra.

Del resto leggo tanto e adoro condividere quello che mi piace. Allora ho pensato che qui, nel blog, posso fare proprio questo, condividere le letture che ho gradito. Ecco, il libro di Sandro Bonvissuto mi è piaciuto moltissimo.

Comincio dalla scrittura. Perché l’ho trovata notevolissima. Bella. Posso definirla così? Non so, ho provato un grande piacere già solo nel leggere la lingua, lo stile, le parole, l’italiano che l’autore ha scelto per esprimere racconti ed emozioni. Non c’è solo la storia, in un libro, ma anche il modo di dirla, che rende quella storia importante, affascinante, avvolgente…, e che rende migliore di altri quel libro.

Sandro Bonvissuto la dice in una lingua emozionante. Niente di sofisticato e aulico (grazie al cielo), ma il linguaggio è curato, cercato, forse, eppure ‘naturale’, umano, vero. Entra nell’anima, e nel cervello.

I libro racconta di tre momenti della storia di un uomo, che parla di sé adulto, chiuso in carcere perché ha sbagliato, che parla dei suoi compagni di cella e di questa esperienza con semplicità e forza. Una forza che permette alle parole, e a quel mondo, di arrivare dritti al centro (dell’anima? del cuore? della coscienza?).  Una forza che porta a conoscere situazioni ignote ai più, ma che spinge a riflettere sulla dignità umana, in ogni circostanza. L’unica cosa per cui vale la pena battersi (oltre che per i propri figli).

Il secondo episodio riguarda il primo giorno alle scuole superiori e l’incontro con il compagno di banco. Straordinario. Divertente e delicato, insieme. E io che in questo periodo vedo il mondo degli adolescenti molto da vicino, ho ritrovato atti e parole, e ho ricordato i miei.

L’ultima parte racconta di quando bambino, imparò ad andare in bicicletta grazie a suo padre. Un padre che si dedica al figlio per la trasmissione di questo fondamentale sapere che rappresenta il primo passo verso l’emancipazione dalle gonne e dalle giacche genitoriali, e soprattutto verso l’avventura della vita, che, lo sappiamo, è molto meglio affrontare a cavallo di una bici.

Il cuore si stringe di fronte alla disperazione e alla solitudine dei carcerati, e poi si commuove e si diverte. Insomma, questo libro mi è parso pieno di sorprese, di originalità, e anche di sorrisi, molti sorrisi. Compreso quello di piacere che non ho potuto evitare dopo averlo finito di leggere, anche se ero sul treno davanti a tanta gente stupita di quel sorriso gratuito (ma che da tutti è stato ricambiato…).

«Non è vero che si cresce lentamente e armoniosamente, si cresce tutto insieme. In un giorno. In un’ora. Questa è la storia. Infine imparai ad andare in bicicletta. È stato mio padre ad insegnarmi. Era d’estate, e non avrebbe potuto essere altrimenti».

Sandro Bonvissuto, Dentro, Torino, Einaudi, 2013

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