A nostra insaputa

Ott 06

A nostra insaputa

Qualche anno fa ho scoperto come la creatività sia di ognuno di noi. Ne ho già scritto su questo blog, ma oggi la mia ‘presa di coscienza condivisa’ esce anche sul quotidiano Il Trentino e così ho pensato di rilanciare la riflessione anche su questi schermi.

Creatività: “Capacità di creare con l’intelletto, con la fantasia”. Quando si pensa a un creativo viene naturale riferirsi ad artisti, a scrittori, a persone con un ‘dono’, capaci di creare oggetti, storie o forme artistiche che non tutti possono realizzare. Eppure, moltissimi di noi sono dei ‘creativi’ senza saperlo. Per dire, basta osservarsi mentre si legge.

Quando apriamo un libro, o un giornale, creiamo le condizioni grazie alle quali il nostro corpo è pronto ad accogliere ciò che stiamo per leggere. Più o meno consapevolmente scegliamo la posizione più comoda e rilassante, quella che ci disponga a una produttiva concentrazione, o allo studio ed eventualmente alla necessità di prendere appunti. C’è chi si siede alla scrivania, chi sulla poltrona, chi si ferma in piedi davanti alla libreria e nell’indecisione di quale libro scegliere, li legge sul posto, non riuscendo a spiegarsi un certo fastidio alla schiena. C’è chi si sdraia sul letto, chi comincia seduto e finisce, non si sa bene come, sul tappeto con le gambe appoggiate alla parete.

Le mani sfogliano le pagine o fanno scivolare le schermate. Le usiamo per toccarci i capelli, per prendere una tazza di caffè, per aggiustarci gli occhiali, per accarezzare il nostro animaletto di casa, nella migliore delle ipotesi. Nella peggiore? Dipende da quale storia ci stiamo facendo coinvolgere.

Portiamo le mani alla bocca durante la lettura di un passaggio particolare del racconto (stupore? paura? tensione? sorriso?), le usiamo per asciugare le lacrime se siamo commossi.

Facciamo gesti abituali, rassicuranti e istintivi, legati strettamente alla nostra azione di lettura. Ognuno di noi lo fa in maniera diversa, e così diventa speciale.

Il libro esiste perché c’è un lettore, che di del testo fa quello che crede. Ha facoltà di amore e di odio. La storia sollecita emozioni e queste incidono sul ricordo che poi si avrà di quella lettura. Anzi, più probabilmente non ricorderemo il testo ma ciò che ha provocato nella nostra anima. Abbiamo creato una storia nuova. E siccome ognuno di noi ha modi di leggere, competenze e aspettative diverse, dallo stesso testo nasceranno molte storie.

Che cosa accade quando si legge una storia a un bambino? Cambiamo le voci e facciamo smorfie, come attori. Leggere ad alta voce è un’esperienza particolare. Lo racconta Albert Manguel, che fu anche lettore per il grande scrittore argentino Jorge Luis Borges, quasi cieco: “Leggere ad alta voce per quel vecchio cieco fu una curiosa esperienza, perché anche se ero io a controllare, con qualche sforzo, il tono e il ritmo della lettura, era comunque Borges, l’ascoltatore, a padroneggiare il testo. Io ero l’autista, ma il paesaggio, lo spazio attraversato, apparteneva al passeggero, che guardava ciò che gli passava davanti la finestrino. Borges sceglieva il libro, Borges mi arrestava o mi chiedeva di continuare, Borges mi interrompeva per commentare, Borges lasciava che le parole venissero a lui. Io ero invisibile” (Albert Manguel, Una storia della lettura, Milano 2009).

Il testo non esiste senza un supporto che lo offra alla lettura (o all’ascolto), senza la circostanza in cui esso viene letto (o ascoltato). Anche le forme e i materiali dei libri producono senso e incalzano i nostri sensi: un testo è investito di un significato mai conosciuto prima anche quando cambiano i supporti che lo propongono alla lettura. Quando leggiamo una storia su un tascabile, dopo averla letta in un’edizione di lusso, o la ascoltiamo dopo averla guardata con le illustrazioni colorate, o la sfogliamo su un e-reader dopo aver toccato la carta di un’altra edizione.

Poi c’è la censura. Non serve per forza un censore ufficiale o un Grande Fratello (nel senso orwelliano): i pregiudizi nei confronti di un autore, o di un genere impediscono nuove esperienze, a volte ci facciamo influenzare anche da recensioni negative. Il lettore, però, è libero ed è per questo che è capace di reagire a pressioni e influenze più o meno evidenti, che può ignorare, modificare o sovvertire.

Siccome la lettura non fissa il ricordo, noi siamo liberi di tornare su testi già letti, a rivedere parole già incontrate. Sarà tutto nuovo: nuovo il tempo, nuove le emozioni, e nuove le storie.

 

articolo apparso sul ‘Trentino’ il 6 ottobre 2019

L’immagine in evidenza è un geniale disegno (circolante su Facebook) di Francesco Chiacchio

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